Gli esiti scolastici

di Roberto Sabatini



Nel 1969 veniva pubblicato a Parigi un tascabile di Jean Piaget dal titolo Psychologie et pédagogie; il testo si apriva con un paragrafo dedicato alla "Ignoranza dei risultati" (pag. 5 dell'ed. italiana del 1972 di Loescher-Torino). In questa sede Piaget constatava, con evidente rammarico, che a trent'anni di distanza da suoi precedenti studi e interventi nel settore, poco o nulla era stato fatto per sapere se e quanto di quel che il percorso scolastico fornisce agli studenti resta nella memoria degli adulti che diventano e quanto di quel che rimane è effettivamente utilizzato e funzionale nella pratica quotidiana e professionale.

Purtroppo ancora oggi, dopo altri 40 anni, poco sappiamo della utilità e della significatività del patrimonio formativo che persiste nella mente e nel vissuto degli adulti: non sappiamo, per esempio, cosa sia rimasto loro delle strutture e delle regole grammaticali e sintattiche a suo tempo studiate, quanto e cosa dell'impianto algebrico o delle dimostrazioni geometriche sia ancora attivo e funzionale nella loro vita quotidiana o nella loro professione specifica; ignoriamo se l'elenco dei regni e delle battaglie, o quello del sistema periodico degli elementi, o quell'altro delle formule chimiche, o quell'altro ancora delle leggi civili e penali ha sortito qualche effetto o è stato definitivamente dimenticato senza lasciare utili testimonianze.


Una rivista telematica come questa può certamente essere vista e impiegata come strumento di ricerca, soprattutto nel settore che cura e di cui affronta le più svariate problematiche. Con tale presupposto delineo di seguito quella che, allo stato, più che un progetto è una provocazione di ricerca il cui obiettivo principale è quello di individuare gli argomenti e le discipline del curricolo di ciascun ciclo scolastico che, alla prova del tempo e delle vicissitudini individuali, persistono organicamente nella memoria degli studenti impegnati nel e nei cicli successivi e, infine, degli adulti e che sono abbastanza significativi nella loro quotidianità, con particolare riguardo alla facoltà che frequentano e, in seguito, alla professione che hanno intrapreso.

Si tratta naturalmente di un'esigenza sistematica di qualsiasi istituzione che abbia a cuore l'efficacia della sua opera e la bontà dei suoi risultati. A mio avviso si tratta di una necessità di per sé evidente, ma che non ho difficoltà a motivare dettagliatamente. Bisogna premettere che nel passaggio dalla scuola primaria (le ben note elementari) a quella secondaria di primo grado (le famose scuole medie) viene effettuato un monitoraggio dei risultati che, talvolta, va a rimodulare la programmazione del primo segmento formativo, ma il fenomeno non si ripete nel passaggio alla scuole superiori e non è nemmeno immaginato in quello successivo.

D'altra parte ad ogni passaggio si verifica la tendenza a fare tabula rasa della formazione precedente perché a tutti piace scrivere su fogli bianchi e su lavagne pulite, ignorando spesso il lavoro educativo svolto fino a quel momento da sconosciuti, ma non per questo invalidi colleghi! Insomma tranne qualche rara eccezione frutto più della volontà e dell'organizzazione didattica di questo o quel plesso scolastico, di questo o quel team di docenti, uno studio longitudinale sull'efficacia dei metodi adottati e degli argomenti svolti, sul valore nel tempo del lavoro educativo pregresso, sulla memorizzazione degli apprendimenti e sull'utilizzazione di schemi, concetti, dati, contenuti, opere e autori, ossia sull'insieme dell'attività didattica in funzione della vita adulta e dell'attività professionale svolta non ha preso piede e, comunque, non è mai diventato un criterio generale nella progettazione di unità didattiche e di percorsi formativi.

Se solo ultimamente il senso e l'importanza delle attività di orientamento sono stati recepiti nelle iniziative extradidattiche dei P.O.F. d'Istituto, il monitoraggio della pregnanza, della significatività e della funzionalità degli apprendimenti impartiti -una sorta di esame del processo formativo- non figura ancora nelle intenzioni degli addetti ai lavori. Anche la strutturazione dei corsi I.F.T.S (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) che viene progettata con la contemporanea partecipazione di operatori provenienti da istituzioni differenti e sinergiche (Secondaria Superiore, Università e mondo del lavoro, soprattutto cooperativo) e che quindi tengono conto dei diversi aspetti della realtà di destinazione, non conosce, almeno a quanto mi risulta, un feed-back in grado di correggere eventuali errori, carenze e ridondanze.

Ovviamente anche l'organizzazione universitaria è, da questo punto di vista, piuttosto carente e il suo scollamento dal mondo del lavoro, storico, ma essendo il segmento formativo che, più di ogni altro confina, talvolta osmoticamente, col mondo delle professionalità, un certo grado di correzione dei suoi percorsi formativi è più a portata di mano. Inoltre questo monitoraggio, per sua stessa natura deve essere effettuato costantemente poiché costantemente cambiano le esigenze del mondo del lavoro e incessantemente mutano quelle del vivere quotidiano e se vogliamo che la scuola prepari adeguatamente ad entrambi non ci si può sottrarre a tale studio.

Piaget stesso mise in evidenza le molte difficoltà d'indagine che si incontrano in questo settore affermando che la facoltà di trattenere conoscenze non ha relazione con le conoscenze acquisite, che la cultura scolastica finalizzata al superamento di un esame finale differisce da quella che sviluppa nello studente indipendentemente dalle performances scolastiche richieste, che gli esiti degli esami non possono provare nulla di utile in quanto verificano solo la qualità di una formazione che è avvenuta in loro funzione e, infine, che nessuno si è mai posto il quesito circa cosa rimanga e sia davvero funzionale, nella mente di chi è uscito da un ciclo formativo per affrontare il successivo, o nella mente di un adulto che ha terminato i percorsi formativi ed è entrato nel mondo del lavoro. La questione è oggi più che mai decisiva dal momento che si parla sempre più di educazione permanente e che è sempre più necessario aggiornarsi, rialfabetizzarsi e tenersi in costante allenamento intellettuale (e non solo): il Long Life Learning non può essere fondato che sulla conoscenza degli esiti dei percorsi formativi precedenti.
L'impresa è ardua e deve essere ripartita per cicli scolastici poiché ogni ciclo "dovrebbe" preparare al successivo e in ogni ciclo si "dovrebbe" tenere conto del precedente.

Per le mie competenze e per gli obiettivi che mi prefiggo, mi concentro sul ciclo della secondaria superiore, ciclo preparato dalla scuola media e propedeutico sia alla formazione post-diploma (università e altri percorsi professionalizzanti). Ai fini di questo monitoraggio, è decisivo se la scelta del Corso di Laurea e la stessa scelta professionale (quando sono una scelta!) sono attinenti e conseguenti agli indirizzi di studi fino a quel momento effettuati, oppure se hanno poco o nulla a che fare con essi. Un altro aspetto che è invece indipendente da tali scelte è il vissuto quotidiano, ossia l'esperienza e l'esistenza ordinarie: cosa della cultura scolastica è diffuso e ricorrente nelle incombenze routiniere, cosa è significativo nei momenti più impegnativi dell'esistenza. Allo scopo di impiantare un vero e proprio questionario e di realizzare una vera e propria ricerca su questo tema, è preliminarmente indispensabile un lavoro di sgrosso, di selezione, di individuazione degli indicatori adeguati.

Ai fini di questa ricerca gli insegnanti sono tra gli interlocutori più problematici, in quanto la loro professione ricade all'interno del sistema di conoscenze del quale, invece, si desidera misurare l'efficacia verso l'esterno, verso il mondo delle altre professioni e verso la quotidianità pura e semplice. E' evidente che le conoscenze trasmesse sono, nella didattica, tendenzialmente autoreferenziali e tuttavia anche nella nostra professione si può misurare quanto, degli apprendimenti ricevuti, è stato effettivamente utile; naturalmente sappiamo bene che ciò dipende molto anche da chi ce lo ha trasmesso e quindi da come è stato insegnato, ma siamo comunque in grado di discriminare gli argomenti validi da quelli rituali e convenzionali, quelli formativi da quelli meramente accademici, quelli funzionali da quelli prevalentemente nozionistici.

Roberto Sabatini