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Tai Jutsu
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- Tai Jutsu - Lotta senza armi Il Sumo, sicuramente una delle più antiche forme di lotta praticate in Giappone ed il più popolare sport in questa Nazione, è il capostipite di quelle arti più spiccatamente marziali del Kumi-uchi e del Jujutsu. Di esso si trovano già tracce nella mitologia, dove viene indicato con il nome di Sumai, ed il Nihon-Shoki racconta come esso abbia iniziato ad essere considerato quale uno stile di lotta dopo il famoso scontro, sulla spiaggia di. Izumo nel23 a.C., fra i due campioni Tajima-nokohaya e Nomi-no-sukune di Izuma Kohaya fu sconfitto e morì a seguito delle ferite riportate (un calcio gli aveva fratturato le costole) e Sukune venne da allora considerato fondatore del Sumai. Il Sumai era già sostanzialmente identico all'odierno Sumo sia nelle prese che nelle proiezioni , a differenza di questo, contemplava anche colpi di ogni genere (pugni, calci ed altri) e la resa incondizionata dell'avversario anche a costo della sua vita. Era comunque praticato solo da scelti atleti che gareggiavano sotto le insegne dell'uno o dell'altro Clan in scontri che i governanti e lo stesso Imperatore organizzavano frequentemente dedicandoli ai Kami shintoisti; in ogni caso il Sumai non aveva alcuna finalità marziale.Con il sorgere della classe dei Bushi, il Sumai, che nel frattempo si era trasformato in una lotta meno cruenta ed era stato ridenominato Sumo, fu studiato da questi con finalità ben diverse da quelle ludiche e sportive tanto che da esso fu sviluppata una forma di lotta da applicarsi in battaglia quando, per un motivo qualsiasi, non era possibile usare le armi. Questa lotta fu chiamata Kumi-uchi ed altro non era che l'insieme di tutte le tecniche del Sumo che potevano essere applicate al corpo a corpo anche se rivestiti dall'armatura. Sumai e Kumi-uchi furono le arti marziali che fornirono i primi elementi a quell'altra lotta similare che prese il nome di Jujiutsu. Alcuni storici indicano il Takenouchi-ryu di Takenouchi Hiza, come il punto di partenza di tutti i successivi ryu di Jujutsu sebbene Kujika Seiko affermi che molti fossero già canonizzati fin dall'epoca Heian. La. leggenda vuole che Tekenouchi fosse stato ispirato da un « yamabushi » (eremita guardiano dei templi) che gli avrebbe insegnato cinque tecniche fondamentali per immobilizzare e vincere un avversario nonchè l'utilità nell'usare piccole e corte armi in luogo di quelle comunemente adoperate. Egli fondò allora un sistema di combattimento chiamato « Kogusoku » che, unitamente ad altri similari già esistenti, fu in seguito denominato Jujutsu. Questo termine è pertanto applicato a numerosi metodi di combattimento, spesso molto diversi gli uni dagli altri, mentre, d'altro canto, è sovente erroneamente inteso come lotta a mani nude. Il Jujutsu, invece, contemplava sia metodi di combattimento senz'armi quanto tecniche con lo uso di armi corte (ad esempio il pugnale). Come lotta esso comprendeva tecniche di proiezione dell'avversario; di immobilizzazione, di strangolamenti, disarticolazioni e tecniche di assalto ai punti vitali (kyusho), denominate atemi. I Giapponesi, però, iniziarono lo studio degli atemi in modo sistematico relativamente tardi, e precisamente in epoca Edo. Vi sono molte ragioni per cui gli atemi non si svilupparono in Giappone come 'invece accadde in Cina, in Corea e ad Okinawa. Gli atemi costituivano una parte fondamentale del Ch'uan-fa cinese, un metodo di lotta che, dapprima sviluppatosi in seno alla classe militare, era col tempo divenuto oggetto di studio di civili e soprattutto di monaci. In Giappone (contrariamente a quanto era avvenuto in Cina ed anche, pur se in misura diversa ad Okinawa ed in Corea) la classe aristocratica era la sola classe guerriera e solo ad essa competeva il diritto di portare le armi. Gli atemi, così, avevano costituito oggetto di studio solo in tempi antichi, ai primi contatti con la cultura cinese, mentre successivamente, con il grande sviluppo della scherma di spada, lancia ed alabarda, non erano più stati tenuti in grande considerazione; anche perchè, parallelamente al Kenjutsu, si erano sviluppate forme diverse di autodifesa segretamente praticate dai Bushi. L'evoluzione del Jujutsu avvenne quindi marginalmente alle varie scuole di arti marziali ma esso ebbe il merito di basare le proprie tecniche sul principio del « ju », principio che trova le sue radici nella filosofia. A questo punto occorre chiarire l'esatta interpretazione della parola « ju », che spesso è erroneamente definita « gentilezza », in netto contrasto con i combattimenti duri e l'uso degli atemi come previsto nel Jujutsu. Ju, il cui kanji (ideogramma) nella scrittura cinese significa armonia, adattabilità , sottomissione, pieghevolezza, flessibilità , è anche tradotto con 'gentilezza' e ciò ha dato adito ad errori di interpretazione. Infatti nel combattimento si usava forza, durezza e massima efficacia: il « ju » era inteso esclusivamente come il principio (mentale e spirituale) dell'adattabilità al nemico, al suo pensiero ed alla sua azione e non certo come gentilezza di maniere nello sconfiggerlo. Questo concetto, derivato dal principio cinese del 15 « wu-wei » (azione senza azione), se veramente padroneggiato mentalmente, poteva effettivamente avere come conseguenza il minimo dispendio di energia nell'azione, tuttavia non era assolutamente adattato alle tecniche di lotta plasmandone la forma. Dopo la creazione del Judo • molti ryu di Ju-Jutsu si trasformarono in scuole di combattimento nelle quali veniva curata esclusivamente la forma estetica delle prese e dei movimenti, tanto da essere criticate aspramente dagli stessi Giapponesi dell'epoca Meji e Taisho; altri ryu, praticati fin dall'epoca Tokugawa anche da civili che peraltro non potevano avere l'esperienza e le doti dei Samurai, lentamente decaddero e nella maggior parte finirono per cessare completamente. Alcune sette, tuttavia, continuarono la pratica delle antiche forme marziali e da una di queste, la scuola del « Daito-ryu », fin dai tempi antichi prerogativa della famiglia Minamotó; il Maestro Ueshiba attinse non poco nella, formuÃaziope del moderno Aikido.
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