Il Fondatore
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O Sensei - MORIHEI UESHIBA-  Kaisho (1883-1969)
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IL FONDATORE DELL’AIKIDO UESHIBA MORIHEI
- Ueshiba Morihei, nacque il 14 dicembre 1883 (il16 novembre secondo il vecchio calendario lunare), da una famiglia di agricoltori della prefettura di Wakayama, oggi Tanabe. Egli fu il quarto di cinque figli, unico maschio. Grazie alla rigida educazione impartitagli dal padre Yoroku, Morihei ereditò una determinazione da samurai e imparò a nutrire interessi in campo amministrativo, mentre dalla madre Yuki ereditò un profondo interesse per la religione, la poesia e l'arte.
- Il ragazzo dapprima crebbe magro e malaticcio, preferendo la lettura ai giochi all'aperto. All'età di circa otto anni Morihei iniziò lo studio dei classici cinesi sotto la guida di un prete Shingon, e si appassionò presto ai riti esoterici del Buddismo rimanendo particolarmente affascinato dalla cerimonia homa del fuoco. Amava ascoltare le leggende dei santi taumaturghi En no Gyoja e Kobo Daishi, che trascorsero parte della loro vita nel distretto sacro di Kumano, non lontano dalla casa di Morihei. Forse influenzato da questi racconti pensò di diventare egli stesso prete Buddista.
- Come antidoto ai suoi sogni ad occhi aperti, Yoroku gli narrò le gesta del famoso bisnonno di Morihei, Kichiemon, noto per essere uno dei più forti samurai del tempo, e incoraggiò il ragazzo a praticare il nuoto e il sumo. Poco alla volta Morihei divenne di costituzione meno gracile, e un giorno comprese la necessità di possedere forza e vigoria dopo l'aggressione notturna subita da suo padre da parte di una banda di criminali assoldati da un rivale politico.
- Morihei abbandonò la scuola media dopo un anno; l'ambiente scolastico lo annoiava e la sua energia nervosa richiedeva uno sbocco più pratico. Essendo bravo in matematica, Morihei si iscrisse ad una scuola soroban; neanche dodici mesi più tardi divenne assistente. E tutto ciò ancora adolescente. Trovò quindi lavoro nel locale ufficio delle imposte. Qui si dimostrò un eccellente impiegato ma nell'espletamento del proprio incarico si trovò a dover amministrare una nuova tassa che colpiva i pescatori e i contadini. Convinto che le norme fossero vergognosamente inique, in un accesso di virtuosa indignazione diede le dimissioni e divenne un leader del movimento di protesta, con gran dispiacere del padre, notabile cittadino. Yoroku gli diede una bella somma di denaro dicendogli: "Prendi questi soldi e cerca di realizzare qualcosa che ti piaccia veramente".
- Sperando di far fortuna con il commercio Morihei - nel 1901 - si recò a Tokyo dove mise su un piccolo negozio; ma questa attività non gli si adattava di certo e così chiuse bottega nel giro di pochi mesi. Durante il suo breve soggiorno a Tokyo Morihei scoprì di avere una precisa attitudine per le arti marziali frequentando il corso di jujutsu al dojo Kito-ryu e quello di scherma al centro Shinkage-ryu. Un brutto attacco di beriberi lo costrinse al rientro in famiglia. Poco tempo dopo, all'età di diciannove anni, sposò Itogawa Hatsu.
- Morihei si ristabilì rapidamente, ma ricominciò a interrogarsi sul suo futuro. Fosche nubi si stavano frattanto addensando nei rapporti fra Russia e Giappone; il suo carattere impetuoso lo spinse allora ad arruolarsi in cerca di avventura. Sfortunatamente Morihei, la cui statura superava di poco il metro e mezzo, era al di sotto. dell'altezza minima prescritta. Amareggiato e sconvolto, trascorse i mesi successivi ad allenarsi in solitudine fra i monti, appendendosi ai rami degli alberi con dei pesi alle caviglie e praticando altri esercizi spossanti pur di ottenere l'allungamento della colonna vertebrale di quel paio di centimetri che gli mancavano: L’ esame successivo lo superò e così nel 1903 fu arruolato in fanteria. L'instancabile energia di quel soldato attirò l'attenzione, dei suoi superiori e gli fece ottenere una promozione.
- Morihei si guadagnò si guadagno rapidamente una solida reputazione in tutti gli esercizi fisici e particolarmente nei combattimenti alla baionetta.
- Si distinse in Manciuria durante la guerra russo- giapponese del 1904-1905 mettendo in mostra per la prima volta quella quasi soprannaturale abilità nel prevenire gli attacchi (diceva che poteva "sentire" quando una pallottola era diretta contro di lui, perfino prima che fosse premuto il grilletto). Il suo comandante gli propose il proprio appoggio per l'iscrizione all'Accademia Militare, ma per varie ragioni Morihei declinò l'offerta e si dimise dal servizio attivo. I quattro anni di servizio militare gli furono utilissimi per migliorare la sua condizione fisica; diventò una massa di muscoli di quasi novanta chili e si guadagnò il suo primo menkyo (diploma di insegnamento) per arti marziali da Nakai Masakatsu dello Yagyu-ryu.
- (Il dojo era situato a Sakai, un sobborgo di Osaka dove Morihei prestava servizio). Morihei tornò alla fattoria ed alla vita coniugale, ma era irrequieto. Di carattere focoso ed irritabile, quasi da maniaco depresso, cominciò a comportarsi stranamente, chiudendosi per ore a pregare nella sua camera, saltando su nel cuore della notte per fare una doccia gelata, rifugiandosi in montagna per sostenere digiuni di giorni interi. Preoccupato dal comportamento anomalo del figlio, Yoroku costruì un dojo sulla sua proprietà ed invitò il noto maestro di jujutsu Takaki Kiyoichi ad insegnarvi. Morihei si gettò a corpo morto nell'allenamento e subito le sue condizioni migliorarono sensibilmente.
- In questo periodo Morihei subì l'influenza del noto erudito Minakata Kumagusu che, fra l'altro, aveva trascorso parecchi anni a studiare in Inghilterra e negli Stati Uniti. Kumagusu contrastava energicamente il programma governativo di far rientrare i piccoli santuari Shinto sotto la giurisdizione di quelli maggiori, soprattutto perché si rendeva conto che così facendo si sarebbero feriti i sentimenti della popolazione locale. Morihei sostenne le posizioni di Kumagusu presentando petizioni agli enti pubblici, scrivendo articoli di protesta sulla stampa nazionale, organizzando dimostrazioni. Il coinvolgimento di MorÃhei in questa vicenda aumentò il suo interesse per la politica nazionale; quando il governo lanciò un appello affinché si installassero immediatamente volontari nella zona sottosviluppata di Hokkaido, Kumagusu lo incoraggiò a prendere in considerazione questa possibilità , specialmente in vista delle future necessità alimentari del Giappone.
- Lo spirito pionieristico del "creare qualcosa dal nulla" attirava Morihei; per di più buona parte della popolazione del suo villaggio, agricoltori e pescatori, era disoccupata. Venne tenuta una riunione e più di 80 persone accettarono di emigrare. Nella primavera del 1912 il ventinovenne Morihei, sua moglie e la loro figlia di due anni, guidarono la marcia del gruppo verso le terre inospitali di Hokkaido. Il gruppo si stabilì nella fredda regione del nord-est, vicino al villaggio di Shirataki. Gli inizi non furono certo brillanti - nessuno sapeva coltivare le patate e, fra gelate precoci, estati fredde ed inverni gelidi, i raccolti furono praticamente nulli per tre anni consecutivi. Dovendo vivere con verdure selvatiche e pesce, parecchi di loro si pentirono della scelta fatta e non esitarono a rinfacciare a Morihei le sue scelte. Fortunatamente le cose migliorarono all'improvviso quando la richiesta di legname crebbe di punto in bianco e nel villaggio arrivò la prosperità . È vero che subirono un brutto colpo dall'incendio che distrusse il quartiere centrale, ma - grazie sopratutto all'opera infaticabile di Morihei - la ricostruzione fu completata nel giro di un anno. Egli fu eletto membro del consiglio del villaggio e rispettosamente soprannominato "il re di Shirataki".
- La formidabile forza muscolare delle braccia di Morihei fu dovuta in buona parte agli anni di pesante lavoro di trasporto del legname a Shirataki; ogni giorno maneggiava una quantità di piccoli tronchi di legno da 50 a 100 chili l'uno. Di quell' epoca sopravvivono numerosi aneddoti: si dice che una volta, con una mano sola, riuscisse a tirare fuori da un fosso un cavallo che vi era caduto dentro assieme al carro; un'altra che mise in fuga tre banditi che lo avevano aggredito per derubarlo; e che inoltre domò un orso selvaggio che razziava i campi per poi dividere la sua colazione con lui. Ma l'evento significativo del suo soggiorno a Hokkaido fu il suo incontro con Takeda Sokaku, gran maestro del Daito-ryu Aiki-jutsu.
- IL DAITO-RYU
- Secondo la tradizione, il Daito-ryu venne fondato intorno al 1100 a.C. da Minamoto (Genji) Yoshimitsu, discendente della sesta generazione dell'imperatore Seiwa. Il figlio di Yoshimitsu, Yoshikiyo, si trasferì a Koga (attualmente prefettura di Yamanashi) e fondò il clan Takeda; l'arte venne trasmessa segretamente di generazione in generazione, nello stretto ambito familiare. Nel 1574 Takeda Kunitsugu si trasferì ad Aizu (prefettura di Fukushima) dove le speciali tecniche "oshiki-kuchi" (conosciute anche come "o-dome") vennero insegnate esclusivamente ai samurai di grado più elevato dell'Aizu-han per i successivi trecento anni.
- In realtà l'origine del Daito-ryu sembra meno antica e molto più prosaica. Takeda Soemon (1758-1853) insegnò un sistema noto come "aiki-in-yo-ho ", il "sistema aiki dello yin e yang" che trasmise a Saigo Tanomo, alto funzionario del signore Aizu. Saigo si era anche allenato nella scherma Misoguchi-ryu e nell'arte militare Koshu-ryu. I samurai Aizu erano sostenitori ad oltranza del vecchio regime militare e resistettero al nuovo governo Meiji, capitolando soltanto nel 1868. Sicuri che Tanomo fosse morto in combattimento nell'ultimo scontro con le forze imperiali, e decisi a salvare l'onore del nome dei Saigo, la madre, la moglie, le cinque figlie e altri quattordici membri della famiglia praticarono il suicidio rituale. Invece, Tanomo, era sopravvissuto; dopo la tragedia della famiglia servì come prete scintoista in vari distretti ed adottò Shida Shiro come figlio discepolo.
- Shiro dimostrò doti eccezionali, divenendo padrone delle tecniche oshiki-uchi, applicandole più tardi con grande successo come alfiere della nuova scuola di judo Kokodan creata da Kano Jigoro. Ad una torneo open del 1889, l'assistente istruttore Shiro sconfisse tutti i concorrenti con il suo yamaarashi (tempesta di montagna), una tecnica oshiki-uchi, consolidando così la fama e la reputazione del Kokodan. (La storia di Shiro è stata ripresa e romanzata in una popolare serie di racconti e filmati). Non molto tempo dopo, tuttavia, Shiro - diviso fra il dovere verso il padre adottivo Tanomo ed il rispetto per Jigoro, rinunciò ad entrambi i sistemi, si trasferì a Nagasaki e dedicò il resto della sua vita all'arte del tiro classico, con l'arco (Kyudo).
- Fortunatamente l'ormai maturo Tanomo aveva un altro degno erede: Takeda Sokaku (1860-1943), nipote di Soemon. (Dal momento che Sokichi, il padre di Sokaku, si era concentrato sulla lotta Sumo piuttosto che sull'aiki-in-yo-ho, la tradizione di famiglia passò temporaneamente ad un estraneo). Sokaku non era un principiante: già in giovane età aveva ottenuto il diploma d'insegnamento in scherma Ono-ha Ittoryu ed in combattimento con il bastone corto Hozoin, studiando contemporaneamente con il "santo della spada" Sakakibara Kenchiki dello Jikishin-kage-ryu. Spadaccino indiavolato, Sokaku disseminò dojo per tutto il paese, ingaggiandosi in migliaia di combattimenti.
- Non perse quasi mai. Risulta che abbia combattuto più di una volta con spade "vive"; in un'occasione fu coinvolto in una rissa con un gruppo di muratori e ne uccise sette o otto Quando Tanomo trasmise il compendio delle sue conoscenze a Sokaku nel 1898, gli disse: "L'epoca della spada è finita; d'ora in poi diffondi ovunque queste meravigliose tecniche". Sokaku, basandosi sulla propria lunga esperienza modificò le tecniche oshiki-uchi; egli chiamò "Daito-ryu Aiki-jutsu" il suo complesso metodo di cui dovrebbe a giusto titolo essere considerato il fondatore. Ormai invincibile maestro di Aiki, Sokaku viaggiò in lungo e in largo, attirando a sé un gran numero di discepoli. Si diceva che ne avesse trentamila, e che quasi ogni budoka degno di questo nome era
-  I particolari di questo racconto semileggendario si sono arricchiti con il passare degli anni: una delle versioni parla di Sokaku che da solo affronta nel cuore di Tokyo trecento operai infuriati, armati di spranghe di ferro, asce da pompieri e pietre, uccidendone 10 e ferendone molti. Sembra ih realtà che il fatto sia avvenuto a Fukushimà , e che Sokaku si sia aperto la strada attraverso una folla di almeno una cinquantina di persone e che poi sia fuggito invece di attendere da fermo gli attaccanti e affrontare ad ondate successive. Tra i vari allievi vi era anche un occidentale, un americano chiamato Charles Perry.
- Nel 1903 Perry, un insegnante di inglese in una scuola secondaria di Sendai, mentre viaggiava in treno invitò il controllore a verificare se il giapponese miseramente vestito che si trovava nello scompartimento fosse munito del biglietto di prima classe. Quando Sokaku chiese perché il biglietto era stato verificato soltanto a lui, il controllore gli rispose che l'americano pensava si trovasse abusivamente in prima classe. Il focoso Sokaku scattò in piedi e si diresse verso Perry per avere una spiegazione; l' americano si alzò agitando i pugni, sicuro che il suo metro e ottanta abbondante avrebbe intimorito il minuscolo giapponese. Sokaku afferrò entrambi i polsi di Perry e mise in pratica quella tecnica che i moderni studenti di Aikido chiamano yonkyo. Perry cadde in ginocchio dal dolore e venne sbattuto da Sokaku in fondo al vagone. Dopo essersi scusato Perry chiese di poter imparare anche lui qualcosa dell'arte che aveva appena visto esercitare a sue spese. La storia prosegue raccontando che Perry riferì al Dipartimento di Stato a Washington del suo incontro e del successivo periodo di apprendistato; Theodore Roosvelt venne a saperlo e chiese che fosse invitato qualcuno ad insegnare quell'arte negli Stati Uniti. Venne invitato per alcuni mesi il maestro Harada Shinzo di Sendai, e non è escluso che lo stesso Presidente americano venisse iniziato ai misteri dell'Aiki prima di Ueshiba Morihei.
- Sokaku non ebbe mai un proprio dojo, preferendo trovarsi i discepoli in incontri casuali come quello con Perry, sfidando gli istruttori locali di kendo e judo (il perdente diventava un allievo del vincitore) e nel corso di dimostrazioni formali. Sokaku soleva prendere in mano un pezzo di carta arrotolato e chiedere ad un volontario di afferrarne l'altra estremità ; improvvisamente il malcapitato si trovava a volare per aria. Poi Sokaku si faceva legare le mani dietro la schiena ed invitava i presenti a cercare di buttarlo per terra; qualunque mossa facessero, e da qualsiasi direzione venisse l'attacco, nessuno riusciva a colpirlo, anzi non c'era uno che non venisse gettato a terra. Come numero finale chiedeva a tutti i presenti di cercare di afferrarlo; dopo un attimo stavano svolazzando tutti per aria. Un altro dei suoi trucchetti favoriti era quello di farsi issare sulle spalle di cinque o sei dei presenti più forzuti; non si sa bene come ciò accadesse, ma dopo un attimo si trovavano tutti ammucchiati per terra con lui sopra, e completamente immobilizzati finché non li mollava. Superfluo a dirsi, dopo esibizioni del genere parecchi diventavano suoi entusiasti allievi.
- Morihei venne presentato a Sokaku nel 1905, in un'osteria di Engaru. Benché Morihei fosse già ben piazzato fisicamente in qualche occasione venne scambiato per Sokaku perché erano della stessa taglia - non costituiva certo una sfida per il maestro del Daito-ryu. Dimenticando di colpo ogni suo altro impegno o pensiero, Morihei rimase a studiare ed allenarsi con Sokaku per circa un mese (i suoi a Shirataki furono indotti a pensare che fosse morto durante un tifone), il minimo necessario per ottenere il diploma sboden mokuroku relativo alle 118 tecniche di base.
- Al suo rientro a casa Morihei costruì un dojo sulla sua proprietà ed invitò Sokaku ad andarci a vivere. Nel 1917 Morihei prese ad accompagnare Sokaku nei suoi stages, avendo mandato la propria famiglia da Tanabe a Wakayama per via del freddo intenso.
- Nel 1919 Tanabe avvertì che il 76enne Yokoku era gravemente ammalato. Morihei svendette una parte delle sue proprietà a Shirataki, intestò il rimanente a Sokaku e lasciò definitivamente Hokkaido. Durante il ritorno a casa a quell'epoca si trattava di un viaggio di oltre dieci giorni Morihei impulsivamente si fermò ad Ayabe, quartier generale della nuova religione Omoto-kyo della quale aveva tanto sentito parlare negli ultimi tempi, allo scopo di ottenere una preghiera speciale per la guarigione del padre.
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- INCONTRO CONÂ DEGUCHI ONISABURO
- Qui incontrò Deguchi Onisaburo, il "Maestro" della religione, che gli disse: "Tuo padre starà meglio dove sta per andare". L'atmosfera irreale di Ayabe ammaliò Morihei che vi sostò tre giorni prima di riprendere il viaggio. Arrivato a casa scoprì che il padre era davvero partito per un "posto migliore" come aveva predetto Onisaburo. Profondamente addolorato e confuso, Morihei quasi non mangiò né dormi per i successivi tre mesi; ogni notte prendeva la strada della montagna ed agitava pazzamente la sua spada fino all'alba. Alla fine, annunciò che intendeva vendere la terra dei suoi antenati per trasferirsi ad Ayabe a studiare l'Omoto-kyo. Come molte delle nuove religioni giapponesi l'Omoto-kyo, "L'Insegnamento della Grande Origine", era una mistura della mitologia Shinto, dello sciamanesimo, della fede-curativa, e del culto della personalità . In quel periodo era all'apice della popolarità , con oltre due milioni di aderenti; era stata fondata da
- Deguchi Nao,
- una contadina semianalfabeta la cui vita fu contrassegnata agli inizi soltanto dalla miseria. Estremamente povera fin dalla nascita, fu costretta a lavorare dall'età di dieci anni; il suo matrimonio con il più povero di un villaggio povero fu una tragedia continua. Di otto figli, tre morirono nella prima infanzia, due fuggirono da casa e due impazzirono. Infine morì anche suo marito quando lei non aveva ancora trent'anni, e fu costretta a vendere stracci per sopravvivere. Nel 1892 ebbe una "rivelazione" da Tenchi-kane-no-kame, il Grande Dio dell'Universo: un messia stava per instaurare il Regno di Dio sulla terra e lei doveva esserne la profetessa. Nel 1898 Nao incontrò Ueda Kisaburo, un ingegnoso giovane che pretendeva, dopo aver abbandonato il suo corpo terrestre, di aver viaggiato per tutte le regioni del mondo spirituale ed imparato tutti i segreti del cosmo. Nao riconobbe in Kisaburo (che più tardi mutò il suo nome in Onisaburo) il promesso salvatore e dopo che egli ne ebbe sposata la figlia Sumiko, fondarono una setta religiosa.
- Trasferimento ad Ayabe
- Quando Morihei annunciò la sua decisione di trasferirsi ad Ayabe per studiare l'Omoto-kyo, amici e parenti, compresa sua moglie, pensarono che fosse impazzito. Sta di fatto che non riuscirono a dissuaderlo e nella primavera del 1920 affittò per sé e la famiglia una casa vicino al principale santuario Omoto-kyo. (Fu un anno cruciale nella vita di Morihei; oltre alla morte del padre e alla sofferta decisione di lasciare la casa di Tanabe, entrambi i suoi figli, Takamori di tre anni e Kunji di uno, furono colpiti da una malattia virale e morirono una ventina di giorni l'uno dall'altro. Il solo figlio che sopravvisse, Kisshomaru, nacque nel 1921).
- Nei successivi otto anni Morihei fece da assistente ad Onisaburo, insegnò budo al "Ueshiba Juku", diresse il locale servizio pompieri, fece l'agricoltore e studiò le dottrine dell'Omotokyo,specialmente il chinkon-kishin, "che calma lo spirito e ritorna al divino". Pacifista, Onisaburo era sostenitore della resistenza non violenta e del disarmo universale; una volta disse:
- "Il riarmo e la guerra sono i mezzi dai quali i padroni della terra ed i capitalisti traggono i loro profitti, mentre il povero deve soffrire; non c'è niente nel mondo più dannoso della guerra e più folle degli armamenti". Perché accolse allora con entusiasmo un maestro di arti marziali come Morihei, gli fece costruire un dojo ed incitò i giovani seguaci dell'Omoto a studiarvi? Onisaburo si era reso conto che il fine di Morihei su questa terra era "insegnare il vero significato del budo: la fine di ogni contesa e di ogni lotta". Onisaburo era perennemente nei guai con le autorità a causa del suo atteggiamento pacifista e della sua dichiarata convinzione che, in quanto salvatore del mondo, avrebbero dovuto nominarlo imperatore e affidargli la guida del governo.Nel 1921 fu arrestato sotto l'imputazione di lesa maestà , ma rilasciato dopo pochi mesi grazie all'amnistia generale concessa in occasione della morte dell'imperatore Taisho.
- Nel 1924 OnisabuÃo tracciò un bizzarro progetto allo scopo di instaurare un "Regno Celeste sulla Terra" in Mongolia, sede della Nuova Gerusalemme, con l'aiuto di gruppi sincretisti religiosi cinesi e coreani. Una volta conglobate le grandi tradizioni spirituali dell'Asia - egli confidava - il resto del mondo avrebbe potuto essere organizzato in associazioni di fratellanza e d'amore sotto la sua direzione. Poiché Onisaburo era sistematicamente controllato dalla polizia, nacque nella più grande segretezza un partito di cinque uomini, incluso Morihei quale guardia del corpo. Arrivato in Cina in febbraio, Onisaburo si presentò come Dalai Lama, l'incarnazione del Maitreya Buddha che tutti stavano aspettando.
- I cinesi non ne furono molto impressionati e solo dopo molte difficoltà e peripezie (nel corso delle quali l'abilità di Morihei nello scansare pallottole si rivelò molto utile) riuscirono ad arrivare a destinazione. Tuttavia la loro presenza aveva messo in allarme i potentati locali che li fecero ben presto arrestare e mettere in catene in attesa della fucilazione. Fortunatamente il console giapponese intervenne appena in tempo per salvare il salvatore e i suoi accoliti. Al rientro in Giappone, nel luglio dello stesso anno, i membri di questa stramba spedizione vennero salutati come eroi.
- (Onisaburo, la moglie e una cinquantina dei suoi più stretti seguaci vennero arrestati nel 1935 e condannati a vita; tutti gli immobili dell'Omoto furono fatti saltare con la dinamite ed il movimento soppresso. Onisaburo fu rilasciato su cauzione nel 1942 e spese gli ultimi sei anni della sua vita a studiare, comporre poesie e fabbricare ceramiche. L'Omotokyo ebbe un tentativo di rinascita dopo la guerra, ma non si è più ripreso seriamente dopo la morte del carismatico Onisaburo; gli attuali adepti non arrivano a duemila).
- Dal Daito ryu all’Aikido, attraverso l’omoto-kyo
- Lo studio dell'Omoto-kyo ed il suo sodalizio con Onisaburo influenzarono profondamente la vita di Morihei. Perfino le sue relazioni con Sokaku ne risentirono. Nel 1922 invitò Sokaku ad Ayabe per un soggiorno di sei mesi e Sokaku lo autorizzò a qualificarsi del titolo di istruttore (shihandai) del Daito-ryu Aikijutsu. (Il rapporto fra Daito-ryu e Aikijutsu è piuttosto difficile dal definire. Vi furono almeno altri venti a cui vennero concessi formalmente i diplomi da Sokaku, mentre Morihei non ebbe mai formalmente la "trasmissione completa" (soden) delle tecniche daito-ryu). Morihei dichiarò che, mentre Sokaku apriva gli occhi all'essenza del budo, la sua propria illuminazione gli veniva dalle esperienze Omoto-kyo. Per quel che si sa, Onisaburo consigliò Morihei di avviare una propria tradizione dato che il metodo Daitoryu era troppo orientato verso la lotta e non si prestava quale mezzo di promozione della bontà fra gli uomini e dell'armonia fra i popoli. Già in partenza i due sistemi differivano notevolmente sia nell'approccio che nell'esecuzione.
- Ciò nonostante, Sokaku continuò a visitare Morihei quasi ogni anno fino alla sua morte nel 1943, perfino dopo che Morihei aveva creato un proprio centro di allenamento a Tokyo. Morihei gli pagò sempre i conti, trattando Sokaku con tutto il rispetto dovuto al proprio maestro, quantunque senza più l'entusiasmo di prima.
- Anche le sue ripetute visite in Cina con Onisaburo esercitarono un forte influsso su Morihei. Dal suo rientro ad Ayabe si allenò più intensamente che mai, armando i suoi allievi con spade da combattimento ed invitandoli a cercare di tagliarlo in due. Vi erano dei legami anche con il mondo spirituale; ogni mattina alle undici, la sala di soggiorno nella casa di Morihei oscillava violentemente come se un suono non terrestre venisse emesso dall'altare di famiglia, e tutte le sere alle nove si udiva un rumore terribile come provocato dal passaggio di qualche oggetto grosso e pesante.
- Lo scontro tra o Sensei ed il Maestro di Kendo
- Durante la primavera del 1925 un istruttore di kendo, nell'intento di collaudare la fama di Morihei gli fece visita nel dojo di Ayabe. Basandosi sul suo sesto senso - "un lampo di luce indicava la provenienza dell'attacco" - Morihei evitò facilmente fendenti e affondi della spada di legno dell'istruttore. Dopo che questi se ne fu andato, Morihei uscì nel suo giardino a riposarsi. Improvvisamente si sentì immerso in un bagno di luce celeste; la terra tremò mentre una nube d'oro sgorgava da terra e penetrava il suo corpo. Morihei pensò di essersi trasformato in un essere dorato che riempiva lo spazio: la barriera fra spirito e materia era crollata -"Io sono 1'universo". Egli comprese che il vero scopo del budo era l' amore, l'amore che nutre ed ha cura degli esseri viventi. Morihei aveva allora quarantadue anni. L'Ueshiba Juku ad Ayabe era stato creato in origine per i devoti di Omoto-kyo, ma il diffondersi della fama di Morihei indusse anche molti non credenti, militari soprattutto, a richiederne l'ammissione.
- Lo scontro tra o Sensei ed il Maestro di Judo
- E tipico il caso di Tomiki Kenji, judoka e più tardi fondatore di un proprio sistema di Aikido. Un paio di amici, già allievi di Morihei, insistevano perché incontrasse il loro maestro; li schernì e disse: "Ho sentito parlare di Ueshiba e delle sue pseudo manifestazioni; se batto un ultraquarantenne tutti i miei colleghi mi prenderanno in giro". Essi promisero di non dire niente a nessuno, cosicché Tomiki accettò. Dopo essere stato presentato, Tomiki avanzò senza concentrazione eccessiva verso Morihei ed un istante dopo si trovò proiettato a terra. Chiese di fare un nuovo tentativo, promettendosi stavolta di dare il meglio di sé. Venne scaraventato dall'altra parte del dojo, scattò su e attaccò di nuovo; dopo essere stato atterrato un'altra volta si inchinò e disse: "Spero di diventare un suo allievo".
- Morihei trascorse molto tempo a Tokyo, dedicandosi all'insegnamento su richiesta dell'ammiraglio Takeshita e di altre personalità . Un lavoro così intenso ebbe il suo prezzo: Morihei perse i sensi al termine di una serie di lezioni pratiche e il dottore gli prescrisse un riposo completo. (Benché Morihei fosse saltuariamente soggetto a qualche disturbo fisico era sempre in grado di praticare tutte le tecniche aiki senza problemi. L'Aiki è forse l'esempio estremo del dominio dello spirito sulla materia. Il potere del Ki non diminuisce né dipende dalle condizioni fisiche di una persona. Sokaku, per esempio, ormai prossimo alla fine, insisteva per compiere le sue sedute di allenamento malgrado la paralisi che gli immobilizzava la parte destra del corpo a seguito di un colpo ricevuto; si dice perfino che quasi in punto di morte abbia sconfitto un judoka del sesto livello).
- Dopo un ritiro di sei mesi ad Ayabe, Morihei recuperò la salute. Onisaburo lo incitò a staccarsi dall'organizzazione Omoto-kyo consigliandogli il trasferimento a Tokyo per fondare un proprio sistema, insegnare la sua "Via". Nel 1927 Morihei e la sua famiglia affittarono una casa a Sarumachi nel distretto Shiba Shirogane di Tokyo; lì Morihei tenne dei corsi utilizzando la sala da biliardo del principe Shimazu, uno dei suoi primi seguaci, opportunamente adattata allo scopo.
- USHIGOME DOJO
- Nel 1928 Morihei si trasferì in locali più ampi a Mita e nell'autunno successivo fu costretto ad un nuovo trasferimento presso una sede più ampia a Kúruma machi. L'incessante aumento delle richieste di iscrizione rese necessario l'acquisto di un appezzamento di terreno ad Ushigome (attuale sede del dojo centrale) per costruirvi un dojo vero e proprio.
- Mentre quest'ultimo era in via di allestimento, Kago Jigoro rese visita a Morirei nella sede provvisoria di Mejiro. Dopo aver constatato di persona le tecniche di Morihei, Jigoro dichiarò: "Questo è il mio budo ideale, il vero judo". E si affrettò a mandare i suoi migliori allievi a studiare con Morihei; uno di loro, Mochizuki Minoru, sviluppò più tardi un suo sistema di Aikido.
- Nel 1931 venne ultimato il dojo di Ushigome ,e venne denominato "Kobukan. Una "Società per lo
- Sviluppo del Budo venne fondata nel “1932 con Morirai in qualità di capo Istruttore. E sempre esistita una relazione fra l'Aikido e la scherma -Sokaku e Morihei erano probabilmente i migliori schermidori dell'epoca e per un certo periodo vi fu al Kobukan anche un settore dedicato al kendo. Morihei, fortemente preoccupato per la propria successione il figlio Kisshomaru, un topo di biblioteca, non sembrava infatti intenzionato a calcare le orme paterne adottò un giovane spadista di nome Tanaka Kyoshi, che però abbandonò l'attività alcuni anni dopo per ragioni che non ci sono note. Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale Morihei fu sempre intensamente occupato nell'insegnamento al Kobukan, così come nel tenere corsi speciali per le principali accademie militari e di polizia (diede lezioni perfino ad attori, ballerini e lottatori di sumo). Di seguito citiamo alcuni episodi che risalgono a quel periodo:
- STUDENTI DI JUKENDO DELL’ACCADEMIA MILITARE DI TOYAMA
- il famoso generale Miura, un eroe della guera russo-giapponese, era allievo del Dayto-ryu ed aveva sentito parlare di Morihei da Sokaku. Un giorno notò l'insegna del "Dojo di Ueshiba" ed entrò per vedere un po' cosa gli offrisse di valido. Benché inizialmente prevenuto Miura fu colpito dall'Aiki-jutsu di Ueshiba e decise di studiare con Morihei. Tuttavia, ancora non completamente convinto delle capacità di Morihei, Miura gli organizzò uno stage all'Accademia Militare di Toyama, i cui studenti di jukendo (combattimento con la baionetta) andavano famosi per la ferocia, la struttura fisica e la forza bruta. Essi insistettero affinché Morihei indossasse l'armatura protettiva poiché gli incontri potevano avere pesanti conseguenze. Morihei rifiutò dicendo: "Dato che usate baionette di legno non preoccupatevi". E poi: "Attaccherete uno alla volta?". "Certo", fu la risposta.
- "Nel mio budo ci aspettiamo attacchi da ogni parte. Potete attaccare in gruppo anche voi". Incredulo, solo uno di loro si fece avanti. Quando gli altri lo videro atterrare sul didietro abbandonarono ogni riserva e lo attaccarono tutti assieme. Nessuno riuscì ad avvicinarsi a Morihei abbastanza da toccarlo.
- STUDENTI DEI CADETTI DELLA DELL’ACCADEMIA DELLA POLIZIA MILITARE
- Un fatto simile accadde all'Accademia della Polizia Militare. Gli allievi erano particolarmente duri, ed un giorno pensarono di cogliere di sorpresa il loro istruttore. Di solito le lezioni si tenevano per gruppi di 20-30 allievi, ma in quell'occasione se ne presentò uno solo. Morihei gli diede una breve lezione e quindi si avviò verso il cortile per tornare a casa. All'improvviso, tutti gli allievi della classe, sbucando da tutte le parti, armati di bastoni, spade e baionette di legno, si precipitarono su Morihei per "dargli un salutino". Nel suo abituale stile, senza scomporsi, Morihei evitò gli attacchi ed uscì tranquillamente dalla porta principale come se nulla fosse accaduto.
- Alla sede centrale della polizia di Osaka, mentre stava tenendo una lezione, Morihei chiese a cinque dei più aitanti ufficiali di tenerlo inchiodato a terra: uno sul petto con una presa alla gola, ed uno su ogni arto, braccia e gambe. Benché tutto il corpo di Morihei risultasse coperto dal peso dei poliziotti, in un attimo se li scrollò di dosso. Gli astanti non riuscirono a notare alcuna tecnica particolare e quando chiesero ai cinque le loro impressioni, gli fu risposto:
- "Il suo corpo all'inizio sembrava di seta; poi emise un breve kiai, divenne duro come l'acciaio e fummo scaraventati via".
- Quello impegnato nella presa alla gola aggiunse che si sentì letteralmente strappare le mani dal collo di Morihei. Quest'ultimo li rimproverò ridendo: "Fareste bene ad imparare delle tecniche più efficaci, se dovete trattare con criminali pericolosi".
- SFIDA PERCETTIVA AI PROPRI ALLIEVI
- Morihei disse ai suoi uchi-deshi che se mai fossero riusciti a coglierlo impreparato anche per un solo momento, avrebbe offerto un gran pranzo. Per giorni e notti ci provarono; perfino quando dormiva, Morihei avvertiva il loro avvicinarsi; per questo si convinsero che non dormisse mai perché affetto da qualche disturbo di origine nervosa: perciò chiamarono un medico per farlo visitare. "Mi sento benissimo - dichiarò Morihei - perché avete chiamato un dottore?". Gli spiegarono i particolari dei loro tentavi notturni, dicendogli che il suo agitarsi dava l'impressione che non riposasse bene e faceva presumere qualche malattia. "Ero profondamente addormentato" li assicurò Morihei. "Il mio corpo emette raggi invisibili e se per caso qualcuno mi si avvicina nel raggio di cinque o sei metri, io avverto subito la sua presenza anche dormendo".
- Sul filone di questo racconto Shirata Sensei ricorda che egli, con altri giovani uchi-deshi, talvolta se la svignava per godersi una nottata in città . Benché la camera di Morihei fosse piuttosto lontana dalla porta d'ingresso del dojo, ed i giovani usassero ogni precauzione per evitare il minimo rumore, invariabilmente la mattina seguente si sentivano chiedere: "Ragazzi, dove siete stati ieri notte?".
- Un giorno Morihei viaggiava con alcuni discepoli su un treno affollatissimo. L'uomo vicino a lui sembrò raggelarsi ed assunse una strana espressione; i discepoli pensarono che Morihei conoscesse l'individuo, dato che stava sorridendo. Alla prima fermata Morihei esclamò: "Sparisci!" e l'uomo scese di corsa dal treno. "Chi era?" gli chiesero. "Un borsaiolo" fu la risposta.
- Sempre in tema di treni, Morihei era probabilmente il passeggero più stravagante del Paese. Insisteva per trovarsi alla stazione almeno un'ora prima della partenza, che in fondo non era una mania poi così stravagante; mentre era molto peggio la sua sconcertante abitudine di salire sul treno con tutto il bagaglio e con parecchi aiutanti per poi saltare giù di colpo un attimo prima che il treno si muovesse, esclamando: "Giù da questo treno! Non voglio andare da nessuna parte!". I discepoli non potevano che obbedirgli. Pochi minuti dopo che l'ultimo treno era partito si rivolgeva loro: "Ora mi sento meglio. Andiamocene". Ipersensibile ad ogni cambiamento d'umore, Morihei cambiava spesso e capricciosamente i suoi programmi. I suoi discepoli non sapevano mai cosa aspettarsi (una trovata di Morihei per tenerli sempre sul chi vive?) ed egli non sopportava da parte loro distrazioni o comportamenti incerti.
- Uno dei suoi primi discepoli fu Niki Kenzo, "Dottor Riso Integrale", un fautore del mangiare sano. Morihei non era un patito del riso integrale - lo digeriva con difficoltà - e preferiva piatti di verdura e pesce. La sua arma segreta era il brodo di pollo; quando non si sentiva a posto ne beveva una tazza. Diversamente dalla maggioranza dei budoka, Morihei quasi non toccava il sakè.
- RACCONTIÂ NINJA
- I suoi discepoli gli chiesero una volta se fossero vere le caratteristiche attribuite ai ninja - per esempio divenire invisibile, camminare sull'acqua -. "Avete visto troppi film" rispose Morihei. "Prendete le vostre spade ed i vostri bastoni ed io vi darò una vera lezione di cos'è il nin-jutsu". Una decina di loro lo accerchiarono al centro del dojo e, appena iniziarono l'attacco, sentirono come una corrente d'aria e Moriheà scomparve. "Sono qui, sono qui!" udirono Morihei chiamare da un punto a circa metà delle scale che portavano al secondo piano. Più tardi, tuttavia, Morihei apparve sconvolto quando gli chiesero di eseguire qualche altro trucco dei ninja. "Volete proprio che ci lasci la pelle per farvi divertire? Ogni volta che si eseguono certe tecniche si perdono da cinque a dieci anni di vita".
- Comunque, anche Morihei un giorno perse l'autocontrollo. Kisshomaru ricorda un incidente che avvenne quando egli era ancora studente di scuola primaria. Stava litigando con un ragazzo americano che abitava lì vicino, e che cominciò a tirar sassi; Morihei, sentendo che qualcosa non andava, si precipitò in strada ma scivolò in una pozzanghera e l'americano riuscì a squagliarsela. Kisshomaru è ancora incerto se Morihei si fosse infuriato perché il ragazzo americano tirava sassi a suo figlio (allora un bambino piuttosto gracile e senza carattere), o piuttosto perché suo figlio si era sottratto al combattimento. Ma se il budo di Morihei significava amore e pace, quale fu il suo atteggiamento nei confronti della "Grande guerra dell'est asiatico"? Contrariamente ad Onisaburo, che non abbandonò nemmeno per un istante i suoi principi pacifisti ed affrontò la prigione pur di non rinnegare il proprio credo, Morihei si comportò come un ardente sostenitore della causa imperiale. Insegnò nelle principali accademie militari, molti dei suoi allievi furono fra quelli che ricoprirono importanti incarichi in guerra, andò in Manciuria come ospite di quel governo fantoccio, e via dicendo. Tuttavia Kisshomaru scrisse che sia prima che durante la guerra udì suo padre lagnarsi amaramente. "La casta militare è dominata da sciocchi avventati, ignoranti di politica e privi di ideali religiosi, che fanno strage di cittadini innocenti senza discriminazione e distruggono ogni cosa al loro passaggio. Essi agiscono in totale contraddizione con il volere di Dio e faranno sicuramente una brutta fine.
- Il vero budo consiste nel nutrire la vita e propugnare la pace, non nel mandare il mondo a pezzi con le armi". Morihei accennò che il suo trasferimento al dojo all'aperto di Iwama nel 1942 fu suggerito da un "invito divino"; egli intuì che la guerra non sarebbe finita bene per il Giappone e coltivò la speranza che l'Aikido potesse costituire il credo di una nuova era. La guerra aveva svuotato il dojo Kobukan e Morihei, stanco della vita di città e delle pratiche burocratiche necessarie all'amministrazione del suo centro, cominciò a sentire il desiderio di ritornare alla terra, dove avrebbe potuto conciliare idealmente budo e agricoltura, due cose che creavano la vita e purificavano il cuore.
- Spesso affermava che "Budo e agricoltura sono una cosa sola". Lasciò il dojo cittadino alle cure del figlio, si dimise da tutte le cariche ufficiali e lasciò Tokyo con la moglie per stabilirsi nella loro
- proprietà , acquistata anni prima, nel villaggio di Iwama nella prefettura di Ibaragi. Là trascorse in tranquillità gli ultimi anni della guerra, allenandosi, studiando, coltivando, e supervisionando la costruzione del tempio Aiki e del dojo Shuren.
- IL DOJO DI IWAMA
- Iwama può essere considerato il luogo di nascita dell'Aiki-do, "la Via dell'Armonia". Prima che Morihei vi si trasferisse, il suo sistema era denominato Aiki-jutsu, poi Aiki-budo, con riferimento dunque preminentemente rivolto all'aspetto delle arti piuttosto che a quello del cammino spirituale. Negli anni dal 1942 - quando cominciò ad essere formalmente utilizzato il termine Aikido - al 1952 Morihei consolidò le tecniche e perfezionò la filosofia religiosa del1'Aikido.
- Come conseguenza della resa giapponese del 1945, i suoi discepoli erano convinti che l'Aikido sarebbe venuto meno, ma Morihei sperava proprio l'opposto: che 1'AikÃdo prosperasse e i suoi autentici valori venissero conosciuti in tutto il mondo.
- Nel 1948 venne creata l'Aikikai (Associazione Aiki) per la diffusione dell'Aikido in Giappone e all'estero. Morihei lasciò i compiti organizzativi al figlio ed ai migliori allievi, preferendo continuare ad esercitarsi ad Iwama. Si alzava ogni mattina alle 5 (alle 3 nei giorni festivi) e restava in meditazione per diverse ore, quindi - a seconda delle condizioni del tempo - studiava o si dedicava all'agricoltura. Ogni sera dirigeva le sedute di allenamento. Saito Morihiro, ricorda: "Quando il Fondatore era in meditazione l'aria era permeata da una spiritualità grave e intensa, ma quando aveva terminato sentivamo il calore del suo amore e della sua comprensione". L'agricoltura e l'Aikido erano tutta la sua vita, ed il suo mondo era il dojo.
- La rapida diffusione dell'Aikido dopo la guerra, sotto la direzione del dojo Hombu a Tokyo - oggi alloggiato in una palazzina di tre piani è storia nota. Morihei divenne famoso in tutto il mondo come "O-Sensei", il Maestro di Aikido, e ricevette numerosi riconoscimenti dal governo giapponese.
- GLI ULTIMI ANNI
- Proprio negli ultimi anni della sua vita Morihei affinò e migliorò ulteriormente le sue tecniche, senza mai tralasciare l'allenamento attivo. All'inizio della primavera del 1969 si ammalò e disse a Kisshomaru: "Dio mi sta chiamando..." All'ospedale gli venne diagnosticato un tumore al fegato (per tutta la vita Morihei aveva avuto disturbi al fegato ed allo stomaco. Egli ne attribuiva l'origine ad una gara di bevuta di acqua salata che sostenne con un giapponese praticante di yoga, che sfidava continuamente Onisaburo e qualsiasi seguace dell'Omoto-kyo. E più probabile che una delle cause fosse invece l'allenamento troppo duro a cui si sottoponeva). A sua richiesta Morihei fu dimesso per restare vicino al suo dojo. Sebbene non fosse più in grado di dirigere fisicamente gli allenamenti era capace di raccontare esattamente cosa accadeva basandosi unicamente sui rumori che udiva provenire dal dojo. Le persone che gli stavano vicino affermavano che non era mai stato così forte; il suo corpo devastato era ridotto ormai a poca cosa, ma era così pesante che dieci dei suoi allievi più forti non erano capaci di sollevarlo.Â
- Il 15 aprile le condizioni di Morihei divennero critiche; mentre i molti allievi ed amici gli rendevano visita egli lasciava loro le sue ultime istruzioni: "L'Aikido deve essere utile a tutto il mondo. Esercitatelo non per motivi egoistici, ma per tutte le genti". Il mattino del 26 aprile l'ottantaseienne Morihei prese la mano del figlio, sorrise, disse: "Abbi cura delle cose" e spirò. Due mesi dopo, sua moglie Hatsu lo seguì.
- Le ceneri di Morihei furono sepolte nel tempio di famiglia a Tanabe, i suoi capelli furono suddivisi fra Ayabe nel tempio Aiki ed il dojo Kumano Juku . Ogni anno, il 29 aprile, viene tenuta una funzione commemorativa al tempio Aiki di Iwama.Â
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 Biografia di O SenseiÂ
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1° PARTE
- Ueshiba nacque a Tanabe, nella Prefettura di Wakayama. Alcune centinaia di miglia a sud di Osaka, Tanabe è situata sull'Oceano Pacifico, all'inizio di una via di pellegrinaggio che portava alle montagne sacre di Kumano. Queste erano venerate sin dalla più remota antichità e il paesaggio è punteggiato da antichi santuari Shinto, magnifici templi buddisti, caverne misteriose e cascate sacre. La regione era chiamata, in origine, la "Provincia di Kii" e i praticanti dello stile giapponese feng-sui dicono che il flusso dell'energia cosmica in questa zona è probabilmente il più potente di tutto il paese. Nel corso dei secoli maghi, taumaturghi e monaci guerrieri si ritirarono nelle foreste di Kumano, abbandonandosi a pratiche ascetiche, alla ricerca dei segreti della creazione. Abbondano i racconti dei loro miracoli, tramandati di generazione in generazione tra la gente del posto.
- Ecco una tipica leggenda di Kumano. Un prete buddista, camminando una mattina nella profonda foresta, udì un canto celestiale tra gli alberi. Dopo una lunga ricerca, scoprì che il suono ultraterreno proveniva dalle profondità di una caverna. Entratovi, il prete trovò lo scheletro di un asceta della montagna fermo nella posizione della meditazione. La lingua dell'asceta, però, vibrava ancora, cantando le meravigliose parole dei sutra. Yuki Ueshiba aveva già dato alla luce tre femmine e lei e il marito Yoroku pregavano ardentemente per avere un maschio. Gli dei di Kumano esaudirono le loro preghiere il 14 dicembre 1883 (più tardi ebbero ancora una figlia). Morihei, come venne chiamato, pur provenendo da un ceppo robusto - sia il padre che il nonno erano famosi per la loro forza - era un bambino piccolo, forse prematuro, malaticcio durante l'infanzia. Benché più tardi dimostrasse una forza sovrumana, la sua costituzione fisica rimase delicata per tutta la vita.
- Il clan degli Ueshiba era una delle famiglie più antiche e importanti di Tanabe. Possedeva tenute agricole e aveva i diritti per la pesca delle conchiglie lungo una parte della baia. Yoroku era stato membro del consiglio del villaggio per più di venti anni. La madre di Ueshiba, Yuki, amava l'arte e la letteratura e era molto pia. Si alzava ogni mattina alle quattro per visitare i più importanti santuari del villaggio prima che spuntasse il giorno. Da quando aveva circa cinque anni, Ueshiba l'accompagnava nel suo pellegrinaggio giornaliero. Ella amava raccontare al figlio le meravigliose storie dei santi di Kumano. Ueshiba era un bambino dalla curiosità insaziabile, dotato di una memoria fotografica.
- La sua educazione cominciò con lo studio dei classici cinesi. Poiché il suo insegnante era un prete Shingon, fu istruito sui riti del buddismo esoterico oltre che sui testi cinesi. Il giovane Ueshiba si annoiò presto dell'arida dottrina di Confucio ma amava molto il ricco e vario insegnamento di Shingon. Rimase affascinato dalla spettacolare cerimonia del fuoco e dai canti mistici e, spesso, recitava nel sonno le parole dei vari mantra. Acquisì pure esperienza nelle tecniche Shingon di visualizzazione, nelle quali si evoca mentalmente una divinità per tentare poi di fondersi con la sua immagine. Sin dalla giovinezza, le visioni costituirono una parte importante della sua vita interiore.
- Ueshiba si interessava anche di matematica e scienze e era spesso assorbito da esperimenti di sua invenzione. Preoccupato che il figlio diventasse un topo da biblioteca e un inguaribile sognatore, Yoroku lo obbligò a intraprendere il sumo, a fare escursioni in montagna per visitare i santuari e a imparare il nuoto. L'oceano era solo a due o tre minuti di cammino da casa e, negli anni in cui visse a Tanabe, Ueshiba vi si recò ogni giorno - da bambino per nuotare e trafiggere pesci, da giovane per compiervi abluzioni religiose. Trascorse, così, gran parte della sua giovinezza all'aperto - al mare, nei campi e in montagna - imparando a capire e apprezzare sia la benevolenza che il potere terrificante della natura. Quando suo padre, una notte, fu assalito da un gruppo di banditi assoldati da avversari politici, Ueshiba scoprì qualcosa anche sulla natura umana - bisogna essere forti abbastanza per sopraffare la forza bruta. Amava i libri, gli piaceva imparare ma odiava la scuola. Troppo impaziente e vivace per stare rinchiuso tutto il giorno, convinse i genitori a fargli abbandonare il primo anno della scuola media. Studiò poi in una accademia di soroban (abaco), dove poteva procedere come meglio credeva. Diventato esperto nei calcoli, dopo un anno fungeva da assistente istruttore nella stessa accademia. Nel 1900 circa fu assunto come contabile presso l'Ufficio delle Tasse locale. Poco tempo dopo l'assunzione fu tuttavia coinvolto in un movimento di protesta contro una legge appena emanata sulla regolazione della pesca. Ueshiba riteneva che la legge fosse discriminante nei confronti dei pescatori a mezza giornata, i quali dovevano conciliare il lavoro dei campi con la pesca per sbarcare il lunario. In segno di protesta diede le dimissioni, si unì ai dimostranti e diventò uno dei capi del movimento che si opponeva alla nuova legge. Tutto ciò provocò un certo imbarazzo a suo padre che, come membro del consiglio del villaggio, era tenuto a far rispettare la legge. Amareggiato per il fiasco subito dal movimento di protesta, Ueshiba non sapeva cosa fare della propria vita. La famiglia decise che un cambiamento gli avrebbe fatto bene. Con i soldi procuratigli dal padre, il diciannovenne Ueshiba partì per Tokyo nel 1902.
- Qui lavorò come apprendista presso un mercante per pochi mesi e poi, con un carretto a mano, si mise a vendere al minuto articoli di cancelleria e forniture per la scuola. Passava le serate praticando jujutsu al Tenshin Shin'yo Ryu e forse anche la scherma Shinkage Ryu. Questo allenamento non durò a lungo e non fu molto intenso, ma fece capire a Ueshiba quale era la sua vera strada: diventare un guerriero dello spirito. I suoi affari andavano bene e fu presto in grado di assumere diversi collaboratori. Alla fine, però, si ammalò gravemente di beriberi, senza dubbio causato dalle lunghe ore di lavoro e dalla dieta povera cui era soggetto. Lasciò allora gli affari ai suoi impiegati, senza chiedere nulla in cambio. Ritornato a Tanabe, sposò Hatsu Ito-gawa, una lontana parente da parte di madre, nell'ottobre del 1902. La guerra tra la Russia e il Giappone era all'orizzonte e Ueshiba venne a sapere che presto sarebbe stato chiamato alle armi. Per recuperare la salute e rinforzare il fisico, intraprese un rigoroso programma di allenamento. Passava lunghe ore in montagna, brandendo una spada pesante; portava sulle spalle i pellegrini ammalati o invalidi per più di venti miglia fino ai santuari di Kumano, sia come atto di carità , sia come forma di allenamento; lavorava sulle barche dei pescatori per rinforzare le braccia e, come Fu-nakoshi, usciva durante i tifoni per provare se stesso contro le onde impetuose e i venti violenti. Presto fu al massimo delle condizioni fisiche e rimase perciò sgomento di essere scartato dall'esercito a causa della sua altezza.
- Benché non così basso di statura come Funakoshi ( Karate) , Ueshiba era alto solo un metro e cinquantasei. Poiché l'altezza minima per le reclute era di un metro e cinquantasette, Ueshiba non passò al primo esame. Per molti giovani che dovevano affrontare il servizio militare questa sarebbe stata una buona notizia, ma non per Ueshiba. Lui voleva arruolarsi, voleva diventare un comandante e desiderava ardentemente essere un eroe. Deciso a entrare in fanteria, il determinato giovane si appendeva ai rami degli alberi, con grossi pesi legati alle gambe, per allungare la colonna dorsale.
- La tenacia fu premiata, superò un esame supplementare e fu assegnato alle riserve stanziate vicino a Osaka. Al suo ritorno da Tokyo Ueshiba aveva ripreso le pratiche del Buddismo Shingon e il suo maestro, Mitsujo Fujimoto (m. nel 1947), celebrò una speciale cerimonia del fuoco in onore della sua partenza per il servizio militare. Dopo la cerimonia, Mitsujo donò a Ueshiba un certificato, il "sigillo di conseguimento" Shingon. Questo fatto segnò per Ueshiba la prima di una lunga serie di esperienze mistiche - "Mi sentivo come se una divinità tutelare si fosse insediata nel fondo del mio essere". Sebbene la vita nell'Esercito Imperiale fosse eccessivamente dura, Ueshiba ne apprezzava la disciplina. Era il primo a offrirsi volontario per qualsiasi incarico, non importa quanto pesante (incluso il servizio alla latrine). Durante le marce forzate aiutava i ritardatari portando i loro carichi, ma finiva sempre per essere il primo della compagnia. Diventò anche estremamente abile nell'attacco alla baionetta. Nel corso di questi anni passati nell'esercito, Ueshiba si trasformò in un vero tetsujin, "un uomo di ferro", arrivando a pesare ben 80 chili. Durante il periodo militare, Ueshiba si era iscritto al dojo di Ma-sakatsu Nakai, a Sakai, un sobborgo di Osaka, dove si allenava nei giorni di licenza. Nakai era una personalità di rilievo nel mondo delle arti marziali e insegnava Yagyu Ryu Jujutsu e anche le arti della spada e della lancia. Più tardi Nakai conobbe Jigoro Kano, che lo teneva in alta considerazione e, forse, fu anche suo allievo. (Si racconta di una gara combattuta a Osaka tra gli studenti di Nakai e i membri del Kodokan, nella quale vinsero gli studenti di Nakai). Ueshiba si allenò diligentemente con Nakai e un altro maestro di nome Tsuboi; nel 1908 ricevette, da questa scuola, una licenza di insegnamento di Jujutsu Goto-ha Yagyu Ryu. La guerra russo giapponese era cominciata seriamente nel 1904, ma Ueshiba continuava a far parte delle riserve. Insistette per essere mandato al fronte e, finalmente, nel 1905 fu assegnato a un reggimento che partiva per la Manciuria. Non è chiaro se Ueshiba partecipò a delle azioni di guerra. Suo padre aveva scritto in segreto diverse lettere alle autorità militari, chiedendo che il suo unico figlio fosse tenuto lontano dal fronte e è quindi improbabile che sia stato ingaggiato in alcun combattimento corpo a corpo. Così Ueshiba tornò indenne dalla guerra. Non sorprende sapere che, data la sua attitudine al combattimento, i suoi superiori gli raccomandassero l'arruolamento nella Scuola Addestramento Ufficiali. Avendo raggiunto il grado di sergente, Ueshiba considerò questa possibilità , ma suo padre era fortemente contrario all'idea. Venne perciò congedato dall'esercito e ritornò a casa a Tanabe. Gli anni successivi furono molto difficili. Doveva ancora trovare uno scopo nella vita e la tensione dovuta al non sapere cosa fare esattamente cominciava a farsi sentire. A volte si rinchiudeva nella sua stanza a pregare per ore, oppure spariva nei boschi per giorni interi. I suoi familiari, angosciati, erano preoccupati per la sua salute mentale. Il padre costruì un dojo in un terreno di sua proprietà e incoraggiò il figlio a allenarsi per dimenticare le preoccupazioni. Questo lo aiutò un poco, finché nel 1909 Ueshiba subì l'influenza benefica di Kumakuso Minakata (1867-1941). Ueshiba era attratto dai tipi particolari e Minakata era un eccentrico di prima categoria. Era stato uno tra i primi giapponesi a andare oltremare e aveva vissuto negli Stati Uniti e nelle Indie Occidentali, stabilendosi poi in Inghilterra, dove era lettore di Studi Giapponesi a Cambridge. Dopo diciotto anni passati all'estero, Minakata era tornato nella natia Tanabe nel 1904, trovandosi subito coinvolto nella controversia sulla "Legge dei santuari". Il governo Meiji aveva pianificato di consolidare il proprio controllo sul maggior numero possibile di santuari, impossessandosi poi dei terreni dei santuari più piccoli per un successivo "sviluppo". Minakata, ben conosciuto anche come naturalista, si oppose con veemenza a questa legge poiché sapeva che ne sarebbe risultata la distruzione di gran parte delle bellezze naturali della regione e il degrado irrevocabile della cultura popolare di Wakayama. Minakata e Ueshiba si unirono per guidare il movimento di protesta, che ebbe successo: soltanto un quinto dei santuari di Wakayama fu alla fine confiscato e Tanabe stessa perse soltanto sei santuari su circa cento. Lavorare per una giusta causa risollevò il morale di Ueshiba e Minakata lo incoraggiò a mirare sempre più in alto. Ueshiba comprese che il suo futuro non era a Tanabe. Il territorio era troppo montagnoso per poterne ricavare altre risaie e il porto ospitava il più alto numero di barche da pesca consentito dalla legge; molti giovani disoccupati erano già partiti per pascoli più verdi, emigrando alle Hawaii o sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Quando fu pubblicato un bando per andare volontari a Hokkaido, l'isola più settentrionale del Giappone, Ueshiba decise di fare il pioniere. Dopo un primo giro d'ispezione a Hokkaido nel 1910, Ueshiba tornò convinto che l'isola fosse una terra vergine ricca di promesse. Nei due anni successivi, riuscì a reclutare ottantaquattro persone che erano pronte a arrischiare il trasferimento a Shirataki, un'area fertile e ben irrigata che egli aveva perlustrato nel suo primo viaggio. Il gruppo era pieno di entusiasmo, ma mancava di risorse sufficienti e allora il sempre generoso padre di Ueshiba procurò il denaro per l'intera compagnia. Partirono per Hokkaido il 29 marzo 1912.
- (La moglie di Ueshiba, che nel 1911 aveva dato alla luce il loro primo nato, avrebbe raggiunto il marito più tardi).
- 2° PARTE
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Shirataki era localizzata proprio al centro della vasta isola di Hokkaido e il viaggio non fu facile per chi proveniva dalla mite Wakayama. Ritardato da bufere di neve, il gruppo giunse a destinazione soltanto il 20 maggio. Essere pionieri era un brutto affare e i tre anni che seguirono furono veramente difficili. I raccolti erano poveri, il clima rigido e gli aiuti esterni inesistenti. Il gruppo viveva di erbe, nocciole e pesci di acqua dolce. Ma dopo questo periodo iniziale di ininterrotte avversità , il commercio di legname incominciò a fornire una rendita consistente, il lavoro nelle fattorie progredì e si formò un vero e proprio villaggio. Stimolato da queste sfide, lo spirito di Ueshiba non si abbattè mai; era sempre lui la forza trainante della colonia. Era un imprenditore instancabile, attivo nell'incrementare il commercio del legname, la coltivazione della menta e gli allevamenti di maiali. Notevole era pure il suo impegno civico, dedito com'era all'organizzazione di corpi sanitari, nonché membro del consiglio del villaggio. Un grosso incendio, nel 1916, distrusse l'ottanta per cento degli edifici, provocando una stasi momentanea, ma grazie agli sforzi incessanti di Ueshiba, il progetto di colonizzazione di Hokkaido si rivelò, alla fine, un grande successo.
Ueshiba riprese le sue pratiche religiose, soprattutto il misogi, le abluzioni rituali nell'acqua fredda, fatto questo di non poco conto nel clima mortalmente freddo di Hokkaido. All'inizio, il suo allenamento nelle arti marziali consisteva nel trasportare i grossi ceppi che aveva tagliato con una speciale accetta appesantita - si dice che in una sola stagione Ueshiba avesse abbattuto e tagliato cinquecento alberi con una mano sola. Prese anche parte a incontri improvvisati di sumo e a altre contese in cui si usavano baionette di legno. A volte aveva da fare con banditi, ma questi scontri erano di facile soluzione per uno che aveva la sua esperienza nelle arti marziali. Talvolta si imbatté anche con i grandi orsi di Hokkaido, ma in qualche modo riuscì sempre a ammansire le bestie. Ueshiba aveva una immensa fiducia nella sua forza e nella sua destrezza, finché non conobbe Sokaku Takeda, Gran Maestro del Daito Ryu.
Sokaku Takeda (1860-1943) può ben essere considerato il più importante maestro della sua epoca. Probabilmente né Kano né Funakoshi avrebbero retto il confronto con lui, che aveva acquisito la sua terrificante abilità battendosi giorno dopo giorno nei dojo e nelle strade di tutto il Giappone. Takeda era nato a Aizu, patria dei più fieri samurai del paese. Suo padre, Sokichi (1819-1906), era stato campione di sumo, nonché maestro di spada e di lancia, e Sokaku sin da bambino aveva imparato a combattere nel sudicio dojo di famiglia. Anche dopo la Restaurazione Meiji e il conseguente crollo dell'ordine feudale, Takeda si comportò sempre da antico guerriero.
Intraprese un interminabile viaggio, percorrendo in lungo e in largo tutto il Giappone, per addestrarsi e per cimentarsi con i migliori maestri di budo di allora e per provare se stesso contro ogni nuovo venuto.
Per alcuni anni, dopo la Restaurazione Meiji, la legge e l'ordine erano venuti meno e Takeda aveva avuto molte occasioni per dar prova del proprio valore contro banditi di ogni specie. Non chiedeva di meglio che infliggere loro una lezione e non pochi morirono per le ferite ricevute. Nel 1877 Takeda tentò di raggiungere le forze ribelli di Saigo Takamori, nel Kyushu. Il piano andò in fumo, in quanto la ribellione venne schiacciata prima che Takeda potesse unirsi ai rivoltosi. Comunque, trascorse due anni nel Kyushu e a Okinawa, affinando la sua abilità contro i karateka locali. (Poiché il karaté era ancora praticato in segreto, la maggior parte di questi combattimenti si svolgeva per strada). Alcune fonti sostengono che Takeda avesse visitato anche i turbolenti porti delle Hawaii.
Periodicamente Takeda tornava a Fukushima per studiare le tecniche segrete oshiki-uchi del clan di Aizu, sotto la direzione di Tanomo Saigo (1872-1923). Tanomo aveva insegnato queste tecniche anche al figlio adottivo (qualcuno dice illegittimo) Shiro Saigo, che ebbe un ruolo molto importante nei primi anni del Ko-dokan. Non è chiaro in che cosa consistessero gli insegnamenti di oshiki-uchi (dopotutto erano segreti), ma probabilmente riguardavano sia l'etichetta dei samurai che le tecniche delle arti marziali. Alla fine, Takeda fuse gli elementi più importanti di oshiki-uchi con le tecniche derivate dalla sua impareggiabile esperienza di budo tradizionale e combattimento effettivo, per ideare ciò che egli chiamò Daito Ryu Aikijutsu.
Takeda condusse una vita vagabonda, spesso ai margini della società , errando qua e là nelle remote zone del Giappone settentrionale. Se si fosse stabilito in una grande area urbana come Tokyo o Osaka, avrebbe potuto sviluppare un'organizzazione attorno a sé, capace di rivaleggiare con il Kodokan, sia per grandezza che per influenza. Considerando che passò la maggior parte della sua vita insegnando nel distretto noto come il "Tibet del Giappone", il numero di importanti ufficiali dell'esercito e funzionari governativi che furono suoi studenti è veramente elevato. Il Presidente degli Stati Uniti Teddy Roosevelt, il cui entusiasmo per il jujutsu è già stato menzionato, venne a sapere dello straordinario valore di Takeda da un americano che ebbe la sventura di sfidarlo.Â
Come conseguenza, uno studente di Takeda fu mandato a insegnare negli Stati Uniti. (Purtroppo non si hanno ulteriori informazioni a riguardo).
Takeda non amava la notorietà , preferendo appartarsi dal mondo, sicché frequentemente non si sapeva dove abitasse. Privo di una educazione formale, spesso arrivava alla bestemmia: "Il concetto che il budo e lo studio approfondito siano di uguale valore per un samurai è una sciocchezza! Imparare dai libri è inutile!". Era ossessivamente sospettoso e obbligava i suoi allievi a assaggiare il suo cibo e le sue bevande, per il timore di essere avvelenato. Era un uomo difficile e esigente.
Tuttavia, considerato il suo successo nel combattere i fuorilegge, era molto richiesto come istruttore speciale dai dipartimenti di polizia periferici, che avevano a che fare con aggressive bande di criminali.
Il talento di Takeda era particolarmente apprezzato in Hokkaido, che era molto simile al "Selvaggio Ovest" americano, una frontiera vasta e selvaggia, che accoglieva disertori e fuggiaschi. Sebbene Takeda vivesse in Hokkaido sin dal 1910, Ueshiba lo incontrò soltanto nel 1915. (Hokkaido rimase la base di Takeda fino al 1930. Sposò una coraggiosa ragazza di trenta anni più giovane, la quale gli diede sette figli, oltre a fargli da assistente istruttore di Daito Ryu. Essa morì nel 1930 in un tragico incendio). - Ueshiba fu presentato a Takeda da Kentaro Yoshida (1886-1964), un altro strano personaggio. Noto sostenitore di varie cause di estrema destra, aveva vissuto negli Stati Uniti per qualche tempo, forse facendo la spia. L'addestramento di Daito Ryu veniva praticato in una locanda a Engaru, il villaggio più grande della zona. Quando Ueshiba vide Takeda in azione ne fu colpito e si iscrisse subito a un corso di dieci giorni. Takeda non aveva ereditato il fisico di suo padre, campione di sumo. Era piccolo, sottile e misurava circa un metro e mezzo. La sua straordinaria abilità era dovuta a perfezione tecnica, tempismo impeccabile, controllo mentale e padronanza del potere del ki. Il ki era la chiave del budo; era un'inesauribile fonte di energia e potenza. Takeda poteva liberarsi da qualsiasi numero di assalitori facendo uso di aiki, la sottile fusione di energia positiva e negativa. Ueshiba rimase estasiato dall'abilità di Takeda e si iscrisse subito a un altro corso di dieci giorni, non appena completato il primo. Da quella volta Ueshiba si allenò con Takeda il più possibile, accompagnando il maestro nei giri di insegnamento e invitandolo a stare a casa sua.
- Quando Takeda risiedeva dagli Ueshiba, Morihei si alzava alle due e trenta del mattino per preparare il bagno al suo insegnante. Accendeva il fuoco per riscaldare la sua stanza e preparava la colazione. Ueshiba lavava la schiena di Takeda, poi gli serviva la colazione e, quindi, lo massaggiava per un'ora. In cambio riceveva lezioni private che erano di inesorabile severità ma di altrettanto inestimabile valore. Ueshiba aveva tratto gran beneficio dal trasferimento in Hokkaido. Si sentiva rinvigorito dal fatto di creare qualcosa dal niente, come pioniere. Aveva avuto successo come agricoltore e imprenditore e aveva provato a se stesso di essere un cittadino responsabile.
- Era cresciuto in queste vaste distese selvagge sviluppando una forza tremenda e una grande capacità di resistenza. Malgrado tutto ciò era insoddisfatto: aveva sempre cercato qualcosa di più del successo materiale o di mere prodezze nelle arti marziali. Aspirava a qualcosa di più profondo, di più duraturo. Nel dicembre del 1919 arrivò un telegramma che lo informava della grave malattia del padre. Ueshiba diede la sua casa a Takeda, divise le sue proprietà e i beni personali e lasciò Hokkaido per sempre.