Al Maestro Hozumi

ZA ZEN- L'ORIGINE DEL NULLA, LA RADICE DEL TUTTO

Intervista al Maestro Hozumi

 

 

 

  • Si sente spesso parlare di Zazen, ma nonostante tutto è ancora un'impresa ardua tentare di definirne i contorni. Il M° Hozumi ha infatti accettato di essere intervistato per l’aikikai , e ciò anche grazie alla collaborazione della Maestra Michico Nojiri, direttrice del Centro Urasenke di Roma che ha fatto gentilmente da interprete.
  • D. - Maestro, potrebbe dirci qualche parola sul Suo itinerario Zen e dove insegna attualmente?
  • R. - All'età di 8 anni sono andato ad abitare da mio zio, che dirigeva un tempio Zen. Fu così che iniziai a familiarizzare con la vita dei monaci, e, pur continuando ad andare a scuola con gli altri ragazzi, ebbi l'impressione di aver trovato la mia via. Successivamente infatti ho studiato per 4 anni presso l'Università Buddhista « Hanazono » della scuola Zen « Rinzai » (esistono altre scuole zen di cui le più importanti sono la « Soto » e la « Kegon » ) e sono entrato nel monastero Zen « Shofukoji » di Kobe, il cui responsabile era il rettore dell'Università, il Maestro Yamada. In seguito ho passato altri 12 anni presso l'istituto zen della mia Università come libero docente e ricercatore, insegnando Zazen agli studenti, e continuando nel contempo la pratica dello Sanzen (studio dei Koan) con il mio Maestro. Adesso insegno Zen presso l'Università di Hanazono e Zazen ai laici del mio Dojo, che è frequentato da molti stranieri, nonché nel centro culturale della NBC, televisione giapponese, a Osaka.
  • D. - È possibile spiegare quali scopi si prefigge lo Zen? E perché si dice che abbia decisamente influenzato arti così diverse come la Cha no yu, l'Ikebana, e le Arti Marziali?
  • R. - Tutte le arti tradizionali giapponesi vengono praticate non solo sotto l'aspetto tecnico ma anche come via interiore, come ricerca di se stessi; perciò le parole AIKIDO, JUDO, KENDO, SHODO (calligrafia), KADO (ikebana), CHADO (cerimonia del thé), ecc... contengono la parola Do, che significa via interiore, ed essa è lo Zen. La pratica della respirazione deve renderci trasparenti e consentirci di capire, di sentire direttamente senza la mediazione del ragionamento. Nel KENDO deve permettere di anticipare l'avversario, nell'AIKIDO di unire il nostro KI a quello del nostro Uke. Allo stesso modo, senza una corretta respirazione, senza questa trasparenza, non si può veramente offrire una tazza di té o aver contatto con i fiori. Anche in occidente esistono molte arti, come ad esempio il tiro con la pistola, o la scherma, ma mi sembra che la loro pratica si sia orientata essenzialmente verso la tecnica e la competizione; anche se la calma interiore è necessaria per vincere, ciò non è la ricerca della via interiore. Lo Zen è la base della vita umana, è la vita stessa. Ma che cos'è la vita? Essa include tante cose, i nostri desideri, la nostra volontà di migliorare noi stessi. Per esempio se vogliamo vivere in ordine e comprendere gli altri, questo lo si può imparare dalla Cerimonia del thé, ed ecco una manifestazione dello Zen; se vogliamo abbellire l'ambiente ove viviamo possiamo imparare dall'Ikebana. Nel mondo animale basta essere dotati fisicamente per sopravvivere, ma fra gli uomini questo non è sufficiente, occorre anche essere forti spiritualmente, e quindi sforzarsi di percorrere una via interiore. Nell'Aikido per esempio la pratica del KO-KYU è un aspetto dello Zen; ma attenzione: l'Aikido non è lo Zen, esso deriva dallo Zen. È molto difficile spiegare che cosa sia lo Zen, anche se molti libri ne parlano. Si può insegnare tutta la teoria del nuoto Lo Zen è la base della vita umana, è la vita stessa. Ma che cos'è la vita? Essa include tante cose, i nostri desideri ha mai studiato la teoria del nuoto può imparare, in particolare se cade in acqua o vi è buttato. Un altro esempio: supponete di aver davanti a voi una tazza di acqua calda e una di acqua fredda; pur conoscendo le caratteristiche fisiche dell'acqua a varie temperature, non potrete mai sapere che cosa sono l'acqua calda e l'acqua fredda fin quando non l'avrete sperimentato, come il bambino. Lo Zen è esperienza senza la mediazione della ragione per capire: caldo è caldo, freddo è freddo. Lo Zen è il mondo dell'immediatezza; chi non riesce a vivere in questo modo non vive secondo lo Zen. Per esempio nell'Aikido qual'è la funzione del Kl? E il Ki che consente l'immediatezza della risposta all'attacco. Se si comincia a riflettere sul da fare di fronte all'attacco, allora non è più Aikido; questa immediatezza è la manifestazione dello Zen. C'è da fare una precisazione: lo Zen non è una filosofia nel senso della parola; l'idea dello Zen è molto pericolosa, perché non si può spiegare con le parole, e chi non l'ha sperimentato può immaginare qualunque cosa.
  • D. - Perché lo Zazen sembra essere una pratica prediletta dello Zen? A che cosa mira?
  • R. - La posizione dello Zazen è una delle quattro posizioni naturali dell'uomo: in piedi, camminando, sdraiato e, appunto, a sedere; anche se il Buddha (n. verso il 560 a.C. ndr) ha avuto l'illuminazione in questa posizione, lo Zazen è anteriore al buddhismo come testimoniano statue e reperti archeologici indiani, e lo stesso dicasi per lo Yoga, che risalirebbe a 3000-5000 anni A.C. La posizione a sedere consente una migliore concentrazione; e la meditazione in questa posizione porta a capire la verità, il senso della vita. Anche chi non pratica lo Zazen può arrivare alla verità, ma forse più difficilmente. Comunque lo Zazen non va praticato con questo scopo o per ottenere qualcosa. Ma allora, perché, direte, si fa Zazen? È la stessa cosa che chiedere ad un amante della montagna: «perché vai in montagna?» Sicuramente vi risponderebbe perché dopo averne visto una volta le meraviglie ha provato il desiderio di tornare e continua a tornarci. La stessa cosa succede con lo Zazen: chi ne ha sentito una volta il benessere continua a praticarlo per anni e anni senza limiti di tempo.
  • D. - Maestro, un'ultima domanda: potrebbe dare qualche consiglio per la pratica dello Zazen alle persone impegnate nel lavoro e nello studio?
  • R. - Prima di tutto è importante l'incontro: bisogna mettersi nelle condizioni di incontrare un vero maestro. Esistono molte strade che portano allo Zen. L'Aikido, per esempio, le arti marziali in generale - Judo, Kendo, Karate, Shorinji Kempo - offrono tutte la possibilità di avvicinarsi allo Zen, unitamente alla frequentazione del Centro Urasenke. È molto importante la continuità della pratica, che deve diventare quotidiana anche per poco tempo al giorno. Occorre prendere l'abitudine di praticare, non basta fare uno stage all'anno. Occorre inoltre trasferire nella vita quotidiana l'insegnamento dello Zazen: esistono però molte idee sbagliate sullo Zazen in Europa ed in America. Infatti praticare Zazen non significa vivere isolato, distaccato dalla realtà, non è un'attitudine esteriore; la pratica dello Zazen implica vivacità, coinvolgimento nella vita quotidiana con una presenza più intensa ad ogni istante.