50° anniversario O Sensei 


 

In occasione del 50° anniversario dell'ascesa al cielo del
Maestro Ueshiba Morihei

 

di Hiroshi Tada

 

Traduzione di Paolo Calvetti

 

  • Il 26 aprile 1969 il maestro Ueshiba Morihei, Fondatore dll’aikidò, ascendeva al cielo. Il 26 giugno di quello stesso anno lo seguiva la moglie Hatsu.
  • Arrivai in Italia il 26 ottobre 1964, e mi stabilii a Roma adoperandomi per la diffusione dell’ aikido tra l'Italia e la Svizzera. Rientrato nel dójó della Sede Centrale di via Eleniana, dopo essere stato in giro per tenere delle lezioni, ricevetti ad aprile la notizia della scomparsa del Maestro. Telefonai allora a Tokyo e seppi dal Maestro Osawa Kisaburò shihan che le cerimonie funebri si erano ormai concluse. Sulla facciata del Dójò Centrale di Roma fu allora allestito un altare votivo con una foto del Maestro Ueshiba listata a lutto e delle corone di fiori. Si susseguirono giorni in cui i membri dell'Aikikai resero omaggio seduti in seiza in meditazione. Due mesi dopo, il 26 giugno, anche Ueshiba Hatsu, la moglie del Fondatore, lasciò questo mondo.
  • L'anno successivo, nella primavera del 1970, partii da Roma per partecipare ai riti funebri per il primo anniversario della morte del Maestro, atterrando, dopo sei anni, all'aeroporto di Haneda.
  • Durante i sei anni trascorsi in Europa erano scomparsi il Maestro Ueshiba Morihei, il Maestro Nakamura Tenpù e anche mio nonno Tada Tsunetarò ci aveva lasciati all'età di 93 anni: mi ritrovai in uno stato di profonda commozione. All'aeroporto di Haneda mi vennero a prendere alcuni shihan e istruttori dello Honbu Dójò, tra cui il Maestro Osawa Kisaburò, e mio padre.
  • Tornato nella casa di Jiyùgaoka e sistemati i bagagli, mi recai subito allo Ueshiba Dójó (l'attuale Honbu Dójó) di Wakamatsu-chò a Shinjuku per salutare il Maestro Ueshiba Kisshómaru e informarlo del mio ritorno. Lo Ueshiba Dójó, costruito in legno nel 1931, non aveva più il suo aspetto di antico dójó e si era trasformato in una costruzione moderna, ricostruita in cemento armato. Andai poi nel Tempio Kózanji a Kii Tanabe, nella provincia di Wakayama, tempio della Famiglia Ueshiba, a far visita alla tomba del Maestro Ueshiba Morihei e annunciargli il mio ritorno.
  • In seguito, seguendo le orme del Maestro che, per affinare la sua pratica, da giovane aveva vagato per le valli e colline della regione del Kishù, feci un pellegrinaggio nei templi shintoisti e buddhisti nelle montagne del Kii e poi nelle aree dello Yamato e di Asuka, apprezzando con piacere lo spirito profondo e tranquillo della cultura giapponese. Il primo anniversario della scomparsa del Maestro e della moglie Hatsu fu commemorato nell'Aiki Jinja di Iwama il 29 aprile e, con un'altra funzione, il 2 aprile nello Honbu Dójó a Tokyo. L'8 aprile fu invece festeggiata la nomina, come secondo dòshu dell'aikidó, del Maestro Ueshiba Kisshómaru presso l'Akasaka Prince Hotel di Tokyo. Successivamente, mi dedicai a un digiuno di tre settimane nella dépendance adibita alla cerimonia del tè della casa di Jiyùgao-ka. Avevo già avuto esperienza di pratica del digiuno, quando avevo ventun anni e avevo digiunato per una settimana a casa e poi di seguito per tre settimane nel tempio zen Hóshùji al Passo Kobotoketóge, per cui fui in grado di digiunare anche rimanendo a casa.
  • Alla fine del digiuno, dopo essermi ristabilito, ripartii da Haneda per andare in Italia, a Desenzano del Garda, dove all'epoca veniva organizzato in agosto un raduno estivo di due settimane. A Tokyo mi era stato chiesto da molti praticanti dello Honbu Dójò, dei club universitari di aikidó e del dójó di Jiyùgaoka, di rientrare presto e di svolgere la pratica in Giappone. Ma l'Aikikai d'Italia era stato riconosciuto formalmente dal Governo italiano e quindi da allora, cominciai, come sarebbe poi diventata una consuetudine della mia vita, a fare avanti e dietro tra il Giappone e l'Europa.

 

Sono passati cinquant'anni da allora

 

  • In un periodo di cinquant'anni la società, la cultura e il comportamento delle persone mutano considerevolmente. Prendiamo ad esempio il judo, una disciplina a tutti nota. È risaputo che è bene astenersi dal parlare di arti marziali diverse dalla propria. Tuttavia, per i giapponesi della mia generazione, il kendo e il judo erano, fin dalla scuola media, delle normali materie scolastiche. Mi si perdonerà quindi se descriverò alcuni fatti storici, tralasciando invece le questioni tecniche. Peraltro, il Maestro Kanó Jigoró (1850-1938) è stato un eccellente pedagogo moderno, e per coloro che fanno delle arti marziali la propria specializzazione, conoscere approfonditamente il suo insegnamento è una naturale necessità. Sul numero di giugno 1927 della rivista Sakkó, pubblicata dal Kódókan, comparse un articolo in cui venivano riportate le parole del Maestro Kanó:

 

La politica del Kódókan all'epoca della fondazione (1882)

 

  • L'approccio del Kódókan dell'epoca [...] all'epoca ero ancora giovane, e tuttavia, dal punto di vista spirituale non ero molto diverso da oggi, mentre non avendo ancora piena padronanza del metodo, la mia efficacia forse lasciava ancora a desiderare, ma il modo di insegnare randori aveva quasi raggiunto uno livello ottimale, molto differente da come oggi viene praticato nel judo del Kodókan. • I motivi per cui si deteriora la pratica Ci sono due ragioni per cui ad oggi si è venuto a deteriorare il modo di praticare il judo.

 

  • Per il primo va citato il fatto che per promuovere il judo è stato escogitato l’espediente di far competere per raggiungere la vittoria, e sono organizzate gare mensili, oppure dei campionati a squadre, incoraggiando i praticanti a partecipare. Per fare svolgere una competizione è necessario determinare delle regole per arbitrare e non è possibile che sia sempre il maestro, lo shihan, a fare da giudice. E anche se ipoteticamente fossi io stesso a fare da giudice, non sarebbe possibile stabilire un vincitore sulla base di un semplice regolamento. In più, nel caso che ad arbitrare fossero persone diverse, senza la qualifica di shihan, bisognerebbe attenersi a regole non troppo complesse e chiare. Una volta che la vittoria venisse stabilita quindi sulla base di questo tipo di regole, gli aspetti negativi insiti in esse causerebbero un allontanamento dagli ideali di postura del corpo e del portamento.

 

  • Come secondo motivo si può citare la rapida diffusione del judo e l'aumento dei praticanti che ha determinato la scarsità di persone qualificate che possano guidare una pratica buona e corretta.

 

  • A causa della mancanza di istruttori, i praticanti non apprendono il metodo esatto e in alcuni casi si verificano dei contrasti tra di loro, ed è aumentata una pratica di allenamento che oppone la forza alla forza, e che non riesce a trasmettere il modo di praticare proprio dei tempi in cui fu istituito il Kodókan.  Come correggere i difetti In definitiva è necessario cambiare il metodo della pratica dei tempi di fondazione del Kodókan. [...]

 

  • Questo articolo fu scritto dopo 45 anni dalla fondazione del Kodókan, vale a dire 92 anni da oggi, quando il Maestro Kanò era ancora in vita. Da esso si capisce quanto sia facile che il comportamento degli uomini muti. Il judo nel dopoguerra si è diffuso come "sport judo" e oggi viene praticato anche alle olimpiadi. Ma sono pochissimi quelli che sanno che il judo insegnato dal Maestro Kanò Jigorò era un'altra cosa. Dopo tre anni dalla pubblicazione dell'articolo, il Maestro Kanò fece visita al dójó di Mejiro del Maestro Ueshiba Morihei per assistere ad un allenamento. "Questo è il mio ideale di judo disse il Maestro Kanò dopo aver osservato la mia tecnica", mi raccontò il Maestro Ueshiba. Successivamente giunse una lettera di ringraziamento in cui il Maestro Kanò scriveva:

 

  • "Dovrei io stesso praticare, ma considerata la mia posizione non mi è possibile; chiedo perciò di accogliere due dei miei allievi, Takeda e Mochizuki".

 

  • Questa lettera è tuttora conservata dalla famiglia Ueshiba e il Mochizuki di cui si parla è il Maestro Mochizuki Minoru che in seguito avrebbe diffuso ì'aikidó in Francia.

 

Le peculiarità dell'aikidó così come è stato creato dal Maestro Morihei Ueshiba

 

  • Lo stato mentale raggiunto dal Maestro attraverso la pratica dell' "Unità tra spirito e corpo" [shinshin ìchinyo) si manifesta in entrambi gli aspetti, spirituale e tecnico, dell'aikidó.

 

  • Molte arti marziali attraverso il processo della modernizzazione sono diventate competitive, trasformandosi in sport dopo la guerra, ma il metodo di pratica che segue lo spirito tradizionale giapponese di unione di arte marziale e meditazione dell'aikidó, si è modernizzato e diffuso tra numerosi praticanti grazie alle indiscusse capacità del Maestro Ueshiba.

 

  • il bu lo strumento per portare a termine la missione che ci è stata affidata dal Cielo, l'aiki crea unità con lo spirito dell'Universo e contribuisce al suo progresso e al suo miglioramento.

 

  • La poesia della Via

 

  • del Maestro Ueshiba Morihei
  • Sulla Verità
  • Con altra Verità
  • Lavora
  • E conosci la Verità assoluta
  • Dell'unità della materia e dello spirito

 

  • L'aikidó è la fusione dell'arte marziale (il mondo visibile) e della meditazione (il mondo invisibile), espressione della cultura tradizionale giapponese. La meditazione può essere anche definita come metodo di unione della volontà, della saggezza e della forza dell'Universo.