Aikido fattore culturale
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L'Aikido come fattore culturale
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Molti si chiederanno perchè mai l'Aikido,conosciuta più come mera tecnica di combattimento grazie a personaggi della celluloide, con o senza armi, fino a poco tempo fa tenuta segreta e solo recentemente divulgata all'esterno di una casta giapponese e poi nel mondo, sia stato assunto quale branca di insegnamento dall'Associazione di Cultura Tradizionale Giapponese, accanto ad altri elementi di natura squisitamente culturale e tradizionale inerenti allo spirito giapponese, quali il teatro Nò e Kabuki, le arti figurative, lo stile dei giardini.
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Si tratta di intendersi sul concetto di fattore culturale che, a mio sommesso avviso, va inteso come elemento conoscitivo tale da avere una funzione formativa della personalità intellettuale del discente.
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Ai nostro occhio occidentale, formato sulla scorta di concetti illuministici e razionalistici, resta più facile comprendere come possa influire sulla formazione intellettuale dell’ individuo uno studio condotto secondo i normali canoni scolastici , e relativo all'acquisizione di concetti razionali, scientifici costituenti la base istituzionale di una scienza o di un'arte sulla base dello studio storico dello sviluppo della stessa.
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Non che questo lato strettamente conoscitivo venga a mancare nell'apprendimento dell'Aikido, ma ad esso si sovrappone, e sopratutto ne costituisce un antecedente logico.
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La pratica effettiva di quest'arte, di cui, a dire il vero, l'elemento della tecnica di combattimento o, il senso più vile e parziale, l'elemento difesa-personale, non sono che degli aspetti marginali seppure più appariscenti al principiante, di quella somma di elementi che conducono il praticante a quell’ armonia dello “spirito” . Per spirito si intende però come essenzialità psicofisica come carattere e impostazione della personalità ,con l’insieme della natura intesa nel suo complesso, con quell'energia vitale che permea ogni elemento e il complesso dei creato, nel quale ovviamente è ricompreso e assunto anche il personaggio, l'essere e le azioni del possibile avversario, che appunto perciò, in quell'armonia che l’aikìdoka controlla , se vince per assimilazione, resta già concettualmente, prima che materialmente, sconfitto senza, che su di lui venga esercitata una azione violenta, disarmonica e brutale, proprio , perchè è in armonia e fusione amorosa con la natura.
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In una parola è l’acquisizione dello stato Zen inteso, con quel senso raffinatissimo che fonde filosofia e poesia nello spirito giapponese , come quel particolare stato di grazia che a prescindere è indipendentemente da implicazioni o derivazioni religiose o rappresenta insieme un atto di umiltà che eliminando il contrasto con la personalità individuale, consente la fusione con lo spirito vitale del creato , nello stesso tempo, un'acquisizione di grandezza perchè conduce al controllo ed alla padronanza armonica dell’energia.
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Attraverso la pratica costante dell'Aikido si perviene appunto, al pieno sentito e per così dire vissuto intendimento di tali concetti, e ben si può comprendere allora il significato che nello spirito e nella storia giapponese ha la figura del samurai. La figura cioè di quel cavaliere errante orientale di quel paladino del sol levante che la sua raffinata scienza di combattimento trasferiva in quella plenitudine emotiva, ed estetica che ne facevano una vera e propria arte. Che ordinava la sua vita in una diuturna osservanza monastica delle regole del Bushido che considerava il suo avversario non come un nemico, ma come un confratello legato se pure in campo avverso , alle stesse regole ,quindi concepiva la vittoria non come sopraffazione o come superamento di se stesso che infine accettava la morte in battaglia , non come sacrificio ma come quel ritorno alla natura ed alla divinità che sempre aveva anelato e che traeva dall'estremo sacrificio, dello “hara kiri » la rassicurante certezza del raggiungimento di quel fine ultimo che una colpevole o a volte semplicemente sfortunata inadeguatezza alla regola avrebbe precluso.
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Avvicinarsi all'Aikido con questo spirito e continuarne la pratica presuppone ed implica aprirsi ed il formarsi della mente e dello spirito all'acquisizione e alla comprensione di quello spirito, come gia detto, insieme poetico e filosofico che permea ed informa tutte le arti che costituiscono il patrimonio peculiare della cultura tradizionale giapponese; laddove una composizione di ikebana o un acquarello o un giardino Giapponese rappresentano, non il frutto di una tecnica calcolata e razionalistica , che pure presuppongono che resti testimoniata dalla raffinatezza dell’esecuzione ma soprattutto il frutto di il creazione dello spirito, avvolto e sublimato in quella catarsi che sintetizza insieme l’annullamento cd il potenziamento di esso nell’armonia della natura.
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Letteralmente il termine Aikido significa appunto arte o il metodo (do) per raggiungere l'armonia (ai) dello e con lo spirito vitale (ki).
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I profani si domanderanno ancora come e perché la Aikikai d'Italia è stato riconosciuto dallo stato Italiano ,ENTE MORALE
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L'ai-ki (armonia dello spirito vitale) è elemento dal quale nessuna arte marziale giapponese, al di là di un certo, livello, può prescindere. Molte arti marziali hanno accentuato, per lo meno nel momento della loro occidentalizzazione, il carattere agonistico sportivo che in certi casi può essere loro connesso e che invece, per 1'Aikido, resta del tutto incompatibile con l'essenziale nucleo armonico della disciplina.
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Oltre un certo livello, però, e parliamo di un livello molto elevato, anche le altre arti marziali, per elevarsi al di sopra dei piano meramente competitivo, al di sopra, diremmo , di quello che può servire ad una giovanile esplosione di sana energia, per attingere invece alla purezza e alla perfezione di una arte devono avviarsi alla ricerca di un'essenza psicofisica attraverso la via che solo la ricerca dell'Aiki può indicare.
Ed è per questo che l’Aikikai e stato riconosciuto ente morale, e non si illudano di servire la causa dell’Aikido quanti cercano di volgarizzarlo, snaturandone l’ essenza, poichè in tal modo servirebbero ai loro clienti una pietanza apparentemente succulenta per la forma, ma vuota di sapore e di sostanza.