Lettera Kurihara Sensei
- Ho lavorato accanto al M° Kurihara per 6 anni, dal 1990 al 1996, seguendolo assiduamente sia la parte dedicata all' Aikido che quella legata più strettamente alla Makoto no michi ossia la la suola di Misogi. Quando decise di fondare il suo stile personale ero accanto a lui, e lasciai l'Aikikai per seguirlo. Dopo il primo anno decisi che non era quello il mio percorso, ragione per cui ripresi la mia strada.
Fiordineve Cozzi
- Questa è la lettera che egli invio a noi dell' Aikikai d'Italia qualche anno fa.
- Sono Kaoru Kurihara, e sono stato il responsabile didattico della sede centrale dell’Aikikai d’Italia di Roma da settembre 1990 a marzo 1996. Ho scritto questa lettera a tutti i membri di Aikikai d’Italia e soprattutto a tutti gli allievi del dojo centrale di Roma (che so che adesso non esiste più). Come voi anche io ero affascinato dall’Aikido, seguendo l’insegnamento del M° Tada, in particolare osservando i suoi occhi quando parlava dei suoi ricordi del M° Ueshiba, pieno di entusiasmo, a seguire il suo insegnamento. Dopo l’esperienza mistica in Tibet, ho scelto di praticare Aikido come professione e dopo tanti pensieri un giorno ho chiesto un consiglio al mio maestro e mi ha consigliato di venire a Roma. Ero assolutamente contento perché così credevo di poter approfondire la mia ricerca sull’Aikido e lo studio sul ki. Il maestro mi ha ordinato per primo di mettere in ordine il dojo centrale di Roma, ricostruire e fortificare i praticanti del Sud Italia. Mi sono sentito in dovere di compiere questa missione perché il dojo di Roma era dove il mio maestro si era dedicato con grande passione per fondare l’Aikido in Italia, e sentivo il mio destino anche perché mia moglie conosceva la signora Tada già prima del nostro incontro. Nonostatnte la mia passione e la speranza sul dojo centrale, non ci è voluto molto tempo per intuire l’esistenza di grandi problemi difficili da risolvere e mi sono messo nel vortice delle polemiche e il mio scopo di ricerca era molto lontano. Quindi istintivamente sono entrato nella cascata per osservare la mia situazione, circondata da pesantissimi problemi, evitando il mio giudizio soggettivo. Così ho ricominciato la pratica del Misoghi, distinguendo il mio esercizio personale dal senso religioso, dopo la severissima esperienza in Tibet, avevo deciso in me di allontanarmi dalle esperienze mistiche. Ma il Misoghi è una tipologia di purificazione praticata dal popolo giapponese sin dall’epoca antica, che come anche io credo, ha influenzato anche il M° Ueshiba nel raggiungimento della sua illuminazione per la fondazione dell’Aikido. Infatti io pratico il Misoghi da più di venticinque anni, dal mio primo incontro in una montagna vicino Tokyo nel periodo universitario, quando mi sono interessato nella ricerca delle tracce del fondatore di Aikido. Facendo digiuno spesso entravo in montagna, e questa passione mi ha spinto ad andare in Tibet, seguendo il capo spirituale della scuola di Misoghi. Adesso non è l’occasione per parlarvi dell’esperienza in Tibet ma ho sentito di dover far conoscere quello che sta dietro al nostro mondo fenomenico, l’anima che infinitamente continua la nostra vita. Anche il nostro pianeta Terra è un’anima e una vita. Così sono convinto che lo scopo di Aikido e il grande tema che il M° Ueshiba ci ha indicato è la “Realizzazione di una grande famiglia sul pianeta Terra”. Ho pensato profondamente all’importanza di assumere una piccola responsabilità di trasmettere l’insegnamento di Aikido agli stranieri per camminare insieme. Però come ho già detto precedentemente, in realtà quando sono venuto a Roma ho notato una grande differenza fra questa realtà e il mio sogno. Così per me il Misoghi è ormai diventato una pratica mensile, come praticavano gli antichi giapponesi, mi sono messo in sintonia con l’atmosfera del cambiamento delle stagioni e la cascata mi abbraccia gentilmente e ogni tanto mi picchia severamente per tagliare i miei dubbi e l’energia negativa. La cascata non ci permette di adorare cose religiose, anzi, nella sua dinamicità ci purifica e ci nutre per vivere positivamente domani. Tutt’ora organizzo Misoghi una volta al mese ed ogni volta tra i 70-90 partecipanti c’è qualche praticante di arti marziali Nel mondo occidentale questa usanza non esiste, mentre in Giappone, sin dai tempi antichi, il Misoghi veniva spesso utilizzato per affinare la propria tecnica, raggiungere un traguardo difficile, guarire sé stessi ed altre persone o come preghiera nella vita quotidiana dai praticanti di arti marziali. La pratica di questo esercizio ha un significato ben preciso: l’acqua nella sua trasparenza abbraccia, purifica ed armonizza tutto ciò su cui scorre, senza discriminazione. Questo è il nostro cuore giapponese tradizionale. Ora potete capire l’origine dell’Aikido, il quale proviene proprio da questo spirito giapponese nutrito dal Misoghi. Il popolo giapponese ha potuto intuire la divinità nella forza della natura, intorno sé stessi e dentro sé stessi; in altre parole, il popolo giapponese, percependo questa forza divina, visse armonizzandosi con la natura. Questa concezione è chiamata “Kannagara No Michi”, cioè strada che segue il mondo divino. Così i nostri antenati hanno continuato a condurre le loro vite in modo semplice ma importante. Interpretare questo stile di vita come un’antica religione giapponese (come una forma di animismo), è sbagliato e si potrebbero fraintendere il Giappone ed i giapponesi. La capacità di adattarsi (o meglio armonizzarsi), tipico dei giapponesi ha permesso la morbida accettazione del Buddismo (dal quale proviene la filosofia Zen semplice, profonda e pulita). Scriverò un libro per presentare il mondo della profonda fede giapponese ed esercizi di antica Shinto. Il fondatore di Aikido praticava questa cosa importante ed aveva indicato questa via di armonia sostenendo che “questo universo è come una famiglia”. Vi chiedo scusa per aver parlato tanto del Misoghi, ma per me è importante non essere frainteso inutilmente. In nome del movimento religioso mi sono trovato costretto ad esser frainteso unilateralmente, e vista la mia difficoltà nel comunicare, ho preferito non giustificarmi. Porto solo tanto rispetto per la situazione che il mo maestro ha dovuto affrontare, osservandomi con grande pazienza e poi vedermi lasciare la scuola centrale di Roma. Sono ferito per non aver potuto spiegare la stretta relazione tra Misoghi e Aikido, e per essermi trovato costretto ad allontanarmi dall’ affascinante universalità e purezza dell’ Aikido, che va oltre i pensieri, la filosofia e la religiosità. Dopo il mio ritiro ho ricevuto diversi inviti da altri gruppi, il che mi ha fatto molto piacere, ma non mi sentivo di insegnare Aikido nell’Italia che il mio maestro amava tanto. Uscire dalla scuola di Tada significava chiudere con l’Aikido a cui mi ero affezionato troppo. Nonostante questa difficile situazione, avevo il compito che mi è stato indicato in Tibet. Ho deciso di fondare “Shinki Do” (via del Ki della verità). Ci sono voluti 12 anni per sistemare i 12 principi che indicano i modi di seguire la legge della natura. Aprire una nuova strada contemporaneamente è stato molto difficile; ma ho messo il mio sogno nella pratica dello Shinkido superando tante difficoltà attraverso esercizi personali ed ingegnandomi per fare dei miglioramenti alle tecniche rispetto ai punti di vista tradizionali. Ora vi faccio qualche domanda semplice: conoscete il nome del “Ki”, ma quanti di voi riescono a spiegare che cos’è? E quante persone riescono a mostrare tecniche col Ki? Dopo tanti anni di pratica di Aikido, elevate il vostro grado, ma se avete imparato il controllo del “Ki” e l’avete fortificato bene, riuscite a muovervi liberamente anche quando il vostro polso è bloccato fortemente (non ho considerato l’ “atemi“ con pugno). Far vedere tecniche, fingendo di essere forti ed eleganti senza poter rispondere a queste domande basilari è triste! L’eleganza e la bellezza delle tecniche vengono fuori dalla costanza di esercizi severi nella vita quotidiana, come effetto delle vostre ricerche e dei vostri sforzi con sudore. Noi che abbiamo il dovere di trasmettere la nostra cultura in un altro paese, non possiamo assolutamente mancare dei nostri esercizi quotidiani rispetto a voi amatori. La severità professionale sta qui, non ci è permesso dimostrare i nostri poteri, anzi, dobbiamo servire da esempio anche se siete insegnanti. Sto parlando di una cosa normale, come in altri i campi professionali non è facile percorrere una via professionalmente. Anche nel campo sportivo ed artistico, ogni giorno bisogna allenarsi per tante ore; la grande energia nutrita dalla meditazione o dalla respirazione non permette all’uomo di volare, come voi ben sapete. Quando il praticante di arti marziali manca dei suoi esercizi fisici, degli studi e degli ingegni, ha difficoltà nel dimostrare esempi e deve costringere gli allievi alla forma e cadere nella triste autorità. Per esempio, sia nella pratica dello “Judo” che del “Karatedo”, esiste sempre l’esercizio spirituale ed il controllo del “Ki”, ma per dimostrare questo non c’è altra soluzione che vincere; l’agonismo serve non solo per vincere, ma anche per capire e provare l’effetto del sudore versato sull’allenamento severo. In Italia, in questi anni, i praticanti di Aikido sono aumentati e ci sono tanti dan alti. Pero vi propongo di riflettere sul vostro Aikido. Così ognuno potrà comprendere lo scopo e il significato del proprio allenamento. Vi ripeto le mie più sentite scuse per essere scomparso dall’Aikikai d’Italia, mi sono pentito ed ho sofferto molto per non aver potuto praticare con voi; in particolare con i membri del Dojo Centrale di Roma a cui ero molto affezionato, visto il grande aiuto che mi hanno dato per ricostruire la sede centrale in modo molto familiare. Per questo fino a poco tempo fa non ho voluto parlare di Aikido, ma approfondendo il mio Shinkido, la mia ferita al cuore sta rimarginando. Ultimamente degli Aikidoka hanno cominciato a visitarmi, sentendo così qualche voce sulla situazione dell’Aikikai. Ho saputo dell’incidente del M° Hosokawa e di nuovo la figura del mio maestro è riapparsa nei miei sogni. Un giorno ho scritto una lettera al M° Doshu a Tokyo. Il contenuto della lettera è simile a ciò che vi ho appena parlato. Sono arrivato in Italia per trasmettere la nostra cultura grazie all’Aikikai, e riflettendo profondamente, ho pensato di dover fare qualcosa per l’Aikikai, proprio come istruttore di Aikido. Così ho deciso di ritornare al mondo di Aikido per scontare il mio errore e ringraziare per primo l’Aikikai Honbu ed il mio unico maestro Hiroshi Tada, di cui ricordo tutti i gesti ed insegnamenti. Siccome ci sono già buoni insegnanti in “Aikikai d’Italia”, non sento di disturbarvi di nuovo. Quindi penso di organizzare una nuova associazione di Aikido chiamato “Aiki no michi” (via di Aiki) come una via di Aikido per realizzare lo scopo del fondatore M° Ueshiba, ossia “tutti gli Aikidoka sono un’unica famiglia”. In questa lettera annuncio il mio ritorno al mondo di Aikido e l’organizzazione di “aiki no michi”. Vorrei così togliere tanti muri inutili e scambiare opinioni sull’Aikido e sulle arti marziali in generale, potrò dare qualche consiglio per lo sviluppo tecnico e nel caso ci fosse qualcosa da imparare, imparerò. Desidero che questa organizzazione serva a creare una “famiglia” in Aikido. Inoltre mi farebbe piacere se verrete a provare il mio Shinkido. Se lei ha un grado superiore al 3° dan e vuole affinare ancora, oppure è un praticante di Judo, Karate o altri stili di arti marziali, sarà un piacere avervi nel mio dojo; ma non picchiatemi troppo!
Roma, 20/09/2008