Bushido La via dei Cavalieri

 

BUSHIDO


(La via dei Cavalieri)

 

  • Sono trascorsi ormai molti anni dalla fine della guerra che portò il popolo giapponese sull'orlo della completa rovina e la Nazione del Sol Levante alla prima disastrosa disfatta della sua storia gloriosa e millenaria. Ora il Giappone, risollevatosi da quella tremenda crisi, è diventato la terza potenza mondiale in campo industriale e noi da anni, ormai, siamo abituati ad usare prodotti con la dicitura « Made in Japan » ed a pensare al Giappone come ad una meta turistica di grande richiamo, pubblicizzata dal sorriso invitante di graziose fanciulle dagli occhi a mandorla. La guerra è stata dimenticata è vero, tuttavia di tanto in tanto riaffiora come dal subconscio qualche ricordo, qualche immagine di ciò che essa ha rappresentato tanto qui in occidente come in oriente. Allora, spontaneamente il pensiero si sofferma sulla figura di un giovane pilota che partendo da una base nascosta nelle foreste delle Filippine, di propria volontà e con uno spirito che per noi europei è del tutto incomprensibile, va a lanciarsi con il suo aereo pieno di esplosivo sul ponte di volo di una portaerei nemica. Possiamo immaginare con quale determinazione egli affrontasse l'ultimo volo e ci sorprendiamo, come si sorprendevano gli americani che erano l'oggetto finale della sua missione suicida, di quanto egli fosse inflessibile nell'assolvimento di quello che riteneva il  proprio dovere nei confronti della Patria e dell'Imperatore. Una simile fermezza d'animo ci spaventa e, talvolta, ci riempie di raccapriccio perché non ci riesce di immaginare che un giovane pieno di vita e sano di mente possa partire per un viaggio senza ritorno, consapevole di andare incontro a morte sicura, senza più neppure quel barlume di speranza che sempre anima coloro che sfidano la morte, che animava, per fare un parallelo, i nostri sommozzatori anche nelle loro più spericolate missioni di guerra ,quel barlume di speranza che anima sempre il soldato che si lancia nella battaglia sotto il fuoco serrato delle mitragliatrici nemiche. L'azione di quel giovane pilota Nipponico, dunque, non rientra in nessuno degli schemi di coraggio che conosciamo ma tutti li supera e li trascende. La critica di tale azione e del movente che ne permise l'attuazione non interessa queste note: a noi la parentesi Kamikaze è servita soltanto ad introdurre chi legge in un mondo tutto particolare, inatteso c sorprendente quello del Bushidò. Cosa significa bushido? semplicemente la « Via dei cavalieri » e rappresenta, come dice la parola stessa, una via spirituale che può essere paragonata al codice cavalleresco del nostro Medioevo o, meglio ancora, al codice di vita che nel medioevo indiano vide il sorgere ed il tragico tramontare dei cavalieri Rajput. Essere Samurai, dunque, significava e significa ancora, come abbiamo spesso modo di constatare, vivere una vita regolata da un codice
    d'onore inflessibile che pone le istituzioni legali e gli interessi della comunità al di sopra della vita dei singoli individui. L'antico Samurai era al servizio di un signore feudale, di un grande proprietario terriero o del l'Imperatore. A questi giurava lealtà e la sua lealtà era senza riserve. Per il suo Signore egli andava a morire, sapendo di andare ad affrontare nemici cento volte più agguerriti, con sublime sprezzo della propria stessa vita, così come i giovani Kamikaze andavano a sfracellarsi contro le navi del nemico preponderante, con la certezza di fare nient'altro che il proprio dovere nel più puro spirito del Bushido. Non si creda, tuttavia, che i Samurai non amassero la vita: essi erano uomini del tutto normali, capaci di ridere e di piangere come ogni altro essere umano, capaci di godere di quanto la vita riservava loro di buono, di commuoversi per una splendida notte di luna o per il fruscio di un ruscello di montagna, come attestano mirabilmente le brevi liriche che essi frequentemente componevano; cosa che dimostra, fra l'altro, che fa delicatezza dei sentimenti non è affatto incompatibile con una grande fermezza d'animo ed una grande maturità spirituale. Il Bushido ha una storia antica quasi quanto lo stesso Giappone ma il fenomeno storico dei Bushi lo possiamo far risalire all'alto medioevo, in particolare al XII secolo, quando la classe dei Samurai cominciò ad imporsi al resto della popolazione ed i suoi rappresentanti, quali capi guerrieri, a governare vasti territori. Sotto la signoria dei Samurai comparvero quelle peculiarità che resero così profondo il divario fra la società giapponese e quella di tutti gli altri popoli della terra. Come e perché una società siffatta si impose nell'antico Giappone, non è difficile da spiegarsi. Dobbiamo innanzitutto tenere presenti le condizioni  ambientali che le determinarono e cioè, che il Giappone ne è arcipelago periferico, isolato a relativamente lontano dal continente asiatico ne quindi la società ivi formatasi risentì sempre di questo stato di isolamento che favori l’insorgere di elementi nazionalistici gelosi e spinti all'estremo. D'altro canto, la conformazione montuosa delle isole maggiori, lavori favorì l'instaurarsi di numerose signorie locali e divisioni  territoriali a
    carattere feudale ed i signori di tali feudi, per tutto l'arco della storia giapponese, combatterono
    aspramente continue guerre  per il predominio fra di loro. Questo stato di guerra continua portò come logico, la casta dei guerrieri ad una rapida ascesa ed alla conquista del potere politico che rimase nelle loro mani sino I giorni nostri .Le ragioni che determinarono l'insorgere del fenomeno dei Samurai, ne determinarono pure il codice d'onore nella sua primitiva rigida formulazione. Il Samurai che aveva giurato fedeltà al suo signore, si impegnava a sostenere le fatiche delle guerre da esso intraprese mettendo al suo servizio la sua spada e la sua vita. Ad esso doveva obbedienza cieca in tutto ed il solo atto di ribellione che gli era concesso, la sola forma di protesta, consisteva nel suicidio rituale tramite il taglio del ventre (Nora Kiri), attraverso il quale, peraltro, egli era in grado di espiare anche colpe gravissime, affrancando la propria famiglia da ogni residuo addebito e da eventuali rappresaglie. II suicidio rituale non fu una cosa tanto rara come si potrebbe pensare ma, anzi, assunse agi un certo momento proporzioni allarmanti che obbligarono le autorità a ricorrere a seri provvedimenti. Lo sprezzo del pericolo e della vita veniva a questi uomini straordinari dalla consuetudine a trovarsi faccia a faccia con la morte giornalmente tanto che un maestro dell'arte della spada poteva esclamare, rivolto ad un allievo che a lui si era presentato per imparare la scherma: « Tutto ciò che io posso insegnare è di non aver paura della morte »; ma anche dalla certezza interiore che la morte stessa non è che un episodio delle: vita che non si esaurisce con la distruzione dei corpo fisico. L'amore di Patria, degli interessi comuni e del proprio signore, sommati all'inflessibile e rigorosa osservanza del proprio codice morale ha favo sì che la figura del Samurai giapponese assurgesse al di sopra di ogni altra figura di guerriero come pure che tanti giovani sacrificassero la propria vita lanciandosi con il proprio aereo contro il nemico per la salvezza del Sovrano e la gloria della Patria scrivendo nel libro degli eroi una pagina veramente unica.