Protostoria Giapponese
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Benché gli storici siano più o meno concordi nell'affermare che l'unità politica e la fondazione dello stato di Yamato si debbano datare al III o IV secolo d.C., sulle basi delle cronache cinesi, la tradizione vuole che l'Imperatore Jimmu Tenno sia salito al trono esattamente l'undici febbraio dell'anno 600 a.C. e questa data rimane ufficialmente quella della fondazione dell'Impero.
Le cronache cinesi menzionano una moltitudine di regni (100 e più) che sarebbero esistiti in Giappone intorno al II secolo della nostra era, senza parlare mai di governo centrale retto da un Imperatore. Forse per una personale inclinazione verso l'irrazionale, io sono portato a preferire la datazione tradizionale, anche in considerazione del fatto che i primi visitatori occidentali che nel 1500 approdarono in Giappone ed ebbero contatto con i Daimyo della costa, non poterono che assimilarli are locali e non parlarono mai di un'amministrazione centralizzata né della figura dell'Imperatore. La stessa cosa può essere avvenuta per i cinesi del II secolo che non percepirono l'esistenza del governo imperiale ma solo del suo contorno di amministratori locali. Comunque sia, con Jimmu Tenno inizia la protostoria dell'Impero giapponese e si apre per l'archeologia, a cavallo fra una tarda epoca del bronzo e quella del ferro il cosiddetto periodo «kofun» o dei grandi tumuli funerari. La leggenda sorta attorno alla figura del primo Imperatore del Sol Levante, il cui vero nome era Iware-hiko e che ebbe il nome postumo di Jimmu Tenno, vuole che la grande dea solare Amaterasu Omi Kami, inviasse sulla terra il proprio nipote Ninigi no Mikoto con queste precise istruzioni: «La terra ove andrai sarà governata ereditariamente dalla mia discendenza. Va o mio divino nipote, e che la prosperità della Dinastia imperiale sia eterna come eterni sono il cielo e la terra». Ninigi scese con un numeroso seguito sull'altipiano di Takachino no Mine nel Kyuschu meridionale e cominciò a sottomettere le popolazioni circostanti. Suo figlio Howari consolidò le conquiste paterne estendendole alla provincia di Osumi ove si troverebbe, secondo la leggenda, anche la sua tomba. A suo figlio Jimmu Tenno era riservato il più glorioso destino di conquistare l'isola maggiore del Giappone, l'Honshu, e di fondare l'Impero dando inizio alla dinastia che ancor oggi governa il Paese. Jimmu aveva 45 anni quando ebbe inizio la spedizione di conquista che si protrasse per molti anni e che ebbe fasi alterne di fortuna e lunghe soste e che culminò con la conquista dell'Honshu centrale e la completa sottomissione delle popolazioni già residenti nella regione. Dei tre fratelli di Jimmu Tenno che avrebbero dovuto partecipare all'impresa, due morirono prima che i preparativi fossero ultimati; il terzo, maggiore dei tre, dopo una lunga consultazione, consigliò Jimmu Tenno di avanzare verso oriente con le sue schiere. I testi sono alquanto discordi sull'itinerario seguito ma pare probabile che l'armata, imbarcatasi su una flotta di navigli, attraversasse lo stretto di Bungo ed iniziasse la sua marcia di conquista nello Chikuzen assoggettando le tribù che incontrava e fermandosi poi per circa un anno ad Okada, nello stretto di Shimonoseki. Un'altra sosta di ben sette anni ebbe luogo in una località non lontana dalla odierna Hiroshima. La flotta di Jimmu, ripreso il mare, navigò ancora verso Oriente per fermarsi a Takashima, dove sostò per altri otto anni. Prima che l'armata ripartisse, Jimmu Tenno ebbe un miracoloso incontro con una divinità locale che gli apparve sotto le spoglie di un pescatore cavalcante una gigantesca tartaruga di mare e che si offerse di aiutarlo guidandolo lungo la navigazione. Con una simile portentosa guida l'esercito invasore giunse felicemente a Naniwa, la moderna Osaka, da dove mosse verso le pianure di Yamato il cui re o capo locale, Nagasune-hiko, lo attendeva appostato con un poderoso esercito di arcieri che tempestò le schiere di Jimmu Tenno con nugoli di frecce, ferendo a morte il fratello e costringendolo a riprendere il mare. Jimmu, sbarcato sul litorale orientale della penisola di Kii, con l'aiuto di un magico corvo inviatogli quale guida dalla ava Amaterasu, mosse nuovamente contro Nagasune. Dopo aver sottomesso varie tribù con la forza del suo esercito e previo l'ausilio di appropriate cerimonie propiziatorie, dovette affrontare ancora una volta sul campo il suo potente nemico di cui riuscì ad avere ragione soprattutto grazie ad eventi magici quali il falco d'oro che, posatosi sul suo arco nel culmine della battaglia abbacinò le schiere nemiche con il suo splendore, e all'assassinio di Nagasune perpetrato dai suoi stessi guerrieri che subito si sottomisero all'invasore mettendo fine alla guerra. Altre popolazioni furono sottomesse di lì a poco e Jimmu Tenno fu incoronato Imperatore con una solenne cerimonia. Negli anni che seguirono egli consolidò il suo potere civile e religioso organizzando le strutture dello Stato, distribuendo ricompense agli antichi compagni nell'impresa ed agli alleati e promuovendo un rudimento di legislazione. Jimmu Tenno, il primo vero Mikado del Giappone, morì all'età di 126 anni lasciando le redini dello Stato al più giovane dei suoi figli. Le classi sociali, già al sorgere del l'Impero erano sostanzialmente tre: quella dominante dei nobili che si riunivano in «Uji» o clan i cui membri erano legati fra loro da parentele vere o fittizie e che si facevano discendere da un comune antenato divino che era anche la divinità eponima dell'Uji, il cui capo ne era pure il sommo sacerdote; la classe dei «be» era quella che riuniva i lavoratori, soprattutto contadini ed artigiani che dipendevano dagli Uji cui erano vincolati; la terza categoria, quella degli «yatsuko» o schiavi era destinata al servizio domestico delle famiglie degli Uji ed era, tutto sommato, una piccola minoranza dell'intera popolazione. Ogni Uji era praticamente autosufficiente in quanto offriva sicurezza e protezione ai be che quindi svolgevano in favore della classe dei nobili ogni tipo di mansione. I capi degli Uji giuravano fedeltà al capo dell'Uji imperiale, allo stesso Imperatore, dunque, che esplicava il suo potere attraverso di essi. Il rango della nobiltà dipendeva in gran parte dall'estensione delle terre coltivabili in suo possesso. È notevole il fatto che durante i primi secoli dell'Impero i contatti che lo Stato di Yamato ebbe con il continente asiatico furono frequenti vuoi per la continua immigrazione di genti dalla Cina e della Corea, vuoi per l'effettiva ingerenza politica e militare nella Corea stessa, particolarmente con il regno coreano di Mimana che era praticamente un piccolo protettorato giapponese, mentre i due regni maggiori di Silla e di Paekche furono ripetutamente sconfitti dalle forze giapponesi. Lo stesso Buddhismo fu introdotto dalla Corea fra il IV ed il V secolo d.C. Le più notevoli e caratteristiche realizzazioni architettoniche di questo periodo furono le maestose tombe a tumulo a forma di «buco di serratura», talvolta circondate da un ampio fossato colmo d'acqua, alla cui realizzazione dovettero lavorare migliaia di uomini e che si possono vedere da diversi chilometri di distanza. Esse sono state anche il più importante deposito di manufatti dell'epoca giunti fino a noi, per ragioni di venerazione e di timore reverenziale, resistendo bene ai saccheggi ed alle distruzioni vandaliche. Ancor oggi alcune delle tombe imperiali sono protette dalla legge ed inviolate mentre altre, dopo una accurata catalogazione del contenuto, sono state richiuse nelle identiche condizioni in cui erano state trovate. Lungo i pendii dei tumuli maggiori, disposte in circoli concentrici, si sono trovate le cosiddette «haniwa», figure umane ed animali e persino riproduzioni di abitazioni, modellate in argilla, in sostituzione del corteo di servitori in carne ed ossa che in un tempo più antico avevano accompagnato nella morte il loro signore. Le cronache giapponesi fanno terminare la barbara usanza di seppellire assieme a regnanti e dignitari un piccolo gruppo di servitori, ad opera dell'Imperatore Suinin Tenno, lo stesso che nel 4 a.C. edificò il famoso santuario di Ise, dedicato ad Amaterasu Omi Kami. Egli con un'ordinanza ufficiale proibì l'usanza in questione e sostituì alle persone vive la haniwa di argilla che accompagnarono poi le sepolture più ricche e maestose. Le haniwa rappresentano i personaggi più disparati, dai guerrieri a cavallo nelle loro splendide armature alle danzatrici, dai dignitari alle dame della corte e ci appaiono come un quadro estremamente vario e vivace della vita, degli usi e dei costumi di quei tempi lontani fornendoci pure un'ampia documentazione relativa all'architettura rurale, di magazzini e palazzi, spesso a più piani. I giganteschi tumuli erano innalzati sopra la tomba vera e propria costituita da un corridoio di lastroni o blocchi di pietra dalle dimensioni talvolta ciclopiche, immittente in una piccola stanza quadrangolare contenente uno o più sarcofaghi di pietra o di argilla con le spoglie del defunto che era accompagnato da un ampio corredo funebre costituito da spade, lance, archi e frecce, vesti ed armature, gioielli ed un grande assortimento di oggetti di uso comune dei quali alcuni in ferro. Notevoli per fattura ed ornamentazione appaiono le spade di ferro, piuttosto lunghe e ad un solo filo, da potersi usare con una mano sola, aventi il loro prototipo nella Cina degli Han, dal quale tuttavia dimostrano di discostarsi notevolmente avvicinandosi per gradi alla forma giapponese classica, benchè ancora a lama diritta. Dalle haniwa ancora e dalla varietà e quantità di armi ed armature restituiteci dai tumuli, è possibile arguire un alto potenziale bellico a sostegno di una organizzazione militare di vasta portata che giustifica in pieno le conquiste di Yamato in Corea e la fama di popolo guerriero e bellicoso che le cronache cinesi e coreane ci presentano. Con il periodo delle grandi tombe reali si chiude la protostoria del Giappone ed il periodo mitico e leggendario. Un periodo che, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, dimostra di essere stato un'epoca assai vivace e creativa nella quale, con l'amalgamarsi delle popolazioni di varia provenienza e delle relative culture, si stava formando il nucleo e la base spirituale del Giappone storico e, perché no, del Giappone moderno.