Gioco ed Empatia

   GIOCO ED EMPATIA


 
Gioco - Empatia Embukai Lauria gruppo Ragazzi Gioco Il gioco ruota intorno al tema del fare un'attività piacevole, da soli o in compagnia, per divertimento, svago o passatempo. Durante il gioco la comunicazione fra le persone può attingere a modalità nuove o inconsuete, che possono migliorare la relazione o che al contrario lasciano emergere problematiche e conflitti personali. A volte giocare si riferisce al vivere con superficialità. Quando propongo dei giochi per i grandi su tatami li ascolto dire più o meno: «Quando giochiamo, il tempo vola» «Giocare? non mi ricordo neanche più come si fa» «Vorrei tornare piccolo per poter giocare» «Era solo un gioco ma da tempo non mi divertivo così» Ognuno gioca a modo suo e non c'è quindi una postura tipica per quest'attività. Più che altro la dimensione ludica favorisce l'espressione più spontanea della propria personalità. Durante il gioco il corpo si "scioglie" e si accentuano espressioni e comportamenti già noti, ma ne possono emergere altri sorprendenti e fino a quel momento sopiti, che mettono in luce la vera natura di un individuo. Che cosa COMUNICA il gioco Giocare, nella prima infanzia, è il principale modo di stabilire relazioni, di impiegare il tempo, di sperimentare situazioni.La costruzione della personalità, nei primi anni della vita, avviene proprio giocando, fingendo di essere eroi e adulti, simulando contesti di fantasia. Esso dunque è un'opzione fondamentale del cervello, che è alla base della nostra storia e che ancora oggi deve essere ogni tanto attivata per mantenere un buon equilibrio psichico.I poteri del gioco dell’Aikido «Giocando il cervello si rinnova, ritorna plastico e disponibile a sorprendersi e a cambiare». Per comprenderli è sufficiente osservare un bambino mentre gioca: • non giudica e non teme giudizi; • non sente la fatica, la noia e il tempo che passa; • è completamente immerso nel presente, in quello che sta facendo, senza conflitti; • si incanta, si entusiasma, è felice; • entra facilmente in relazione con chi è insieme a lui, sia adulti che coetanei. Tutto questo non avviene solo nel bambino ma in ognuno di noi, da adulti, se riusciamo a trovare anche un piccolo spazio di gioco. Non saper più giocare «Spesso ci si rinchiude in ruoli stereotipati che tolgono vitalità e spontaneità alle relazioni». Frequenti, per esempio, sono i ritrovi tra mamme o tra coppie con figli, in cui si parla perlopiù di bambini o problematiche legate alla prole; oppure le coppie in cui non si scherza più perché "ormai il tempo dei giochi è finito". Ciò può essere dovuto a una personalità ancora adolescente che cerca di sentirsi "grande", identificandosi e interpretando un ruolo "da adulti". In altri casi la persona fin da piccolo non ha imparato a giocare o situazioni drammatiche l'hanno fatto crescere troppo in fretta: c'era da occuparsi degli altri, e lo si fa ancora oggi. Oppure, per senso del dovere o per carrierismo, si è riempita la vita di impegni e di obiettivi che occupano tutto il tempo Il gioco va vissuto come opportunità «Le relazioni - intime o amicali - hanno bisogno di momenti giocosi, durante i quali la comunicazione può diventare più spontanea e rivelare aspetti nuovi e sorprendenti». Giocando si possono trasmettere gioia di vivere, simpatia, affetto, ma possono anche emergere spunti per discorsi più seri e impegnativi. Un buon rapporto dovrebbe saper passare dal serio al giocoso e viceversa senza problemi. La fantasia, la libertà di espressione e la piacevolezza dello svago condiviso mantengono la relazione in salute e ne favoriscono il dinamismo. Mettersi a giocare tra amici, tra partner o con i figli è sempre una grande occasione: tornare bambini o ragazzi per "ri-attingere" a uno stato di coscienza che renda capaci di stare nel presente annullando, anche se per poco, i nostri rigidi schemi. Viverlo come competizione«Alcuni, quando giocano, vogliono vincere a tutti i costi, prevalere sugli altri, e questa smania li domina fino a rovinare lo spirito del gioco, fatto di leggerezza e di svago».Ecco il motivo principale del mio amore per l’aikido. Ci sono soggetti che, per esempio, intendono un gioco di società basato su domande e risposte come una prova di forza, nella quale dimostrare il proprio valore e/o sottomettere l'avversario: se stanno vincendo si entusiasmano eccessivamente e fanno i gradassi, se stanno perdendo si arrabbiano fino a diventare aggressivi, se stanno pareggiando diventano rigidi e puntigliosi. Non hanno più autoironia, l'atmosfera si fa pesante e gli altri perdono voglia e spontaneità. Anche perché essi giocano solo se c'è competizione. Tale atteggiamento può essere la spia di frustrazioni nella vita personale e/o professionale, di una personalità egocentrica e immatura o del bisogno di riconoscimento del proprio valore. Consigli all’Insegnante di Aikido Se vedi che il rapporto con gli Allievi sta perdendo di entusiasmo e comincia a presentare schemi ripetitivi, non aspettare che "dall'alto" piova qualche soluzione magica. Tu per primo riporta il gioco tra le attìvità principali del ritrovarsi insieme. Sii propositivo, anche se troverai le resistenze di chi ormai non più ragazzo ma quasi adulto non è più abituato e sta cedendo alla routine. Noterai che basta pochissimo per ravvivare i rapporti. Quando il gioco è superficialità «C'è chi vive tutto come se fosse un gioco. la persona non prende nulla veramente sul serio, non ha il senso della drammaticità pi alcune situazioni, della responsabilità di alcune scelte e delle conseguenze di gesti e parole».È la cosiddetta "sindrome di Peter Pan": adulti che si sentono come eterni ragazzini - in prevalenza maschi - che non riescono a mantenere un impegno o la parola data, che non prendono atto dei propri errori e che non riescono a vivere le proprie crisi in modo pieno perché pensano che qualcuno arriverà sempre a salvarli. E chi gli vive accanto subisce i danni di questo atteggiamento: partner disorientati e irritati, crisi di coppia che ricadono sui figli, genitori anziani che per l'ennesima volta intervengono a salvare il "ragazzo" dal caos che ha creato. Per un paradosso linguistico, il contrario di questo atteggiamento è il sano "mettersi in gioco": significa essere nella relazione al 100%, in modo serio e adulto, mostrando realmente se stessi e prendendosi le proprie responsabilità.Esci dal modello mentale che vede il gioco come un'attività tipica dell'infanzia. Esso non significa infatti soltanto ritornare piccoli: esiste un modo di giocare tipicamente adulto nel quale ci si può svagare mettendo in campo capacità e modi di essere caratteristici della maturità."Scegliere" di giocare può dare soddisfazioni pari o talvolta anche superiori a quelle provate dai bambini stessi. Talvolta mi ritrovo con i roller ai piedi nonostante i miei 43 anni, in pieno centro, tra gli sguardi sbigottiti dei miei coetanei. Esprimere - o anche solo concepire mentalmente - un pensiero o una valutazione riguardo qualcuno o qualcosa. In diversi casi tuttavia può equivalere al sentenziare, al dare un giudizio definitivo, sia verso se stessi sia verso gli altri. L'EMPATIA Processo psichico caratterizzato dalla partecipazione intensa e immediata allo stato d'animo di un'altra persona. È un elemento che può rivelarsi fondamentale In molti rapporti quotidiani, ma è utile anche come strumento professionale e terapeutico (per esempio per medici e psicologi). La persona con capacità empatica è sciolta nei movimenti, non fa fatica a guardare in faccia l'interlocutore, tende ad avvicinarsi fisicamente senza tuttavia risultare invadente. Talora potenzia la sua comunicazione conun lieve contatto fisico. Quando due persone entrano in empatia fra loro si può notare una sintonia non solo nel dialogo (nei toni nei concetti, nei ritmi) ma anche nei movimenti. Man mano che stanno insieme, a volte compiono alcuni gesti simili nello stesso momento (assumono la stessa posizione nello stare seduti). Sentire dentro"é questo il significato letterale, derivante dalla lingua greca, della parola "empatia". attraverso di essa la persona si rende disponibile a entrare in risonanza con le emozioni di chi ha davanti in quel momento.Se questa azione è corrisposta, si crea quello che in inglese viene chiamato feeling: un'intesa basata sul "capirsi al volo", che permette fin da subito una comunicazione fluida ed efficace in cui gesti e parole viaggiano sugli stessi codici espressivi. Si dice dunque che una persona è "empatica" quando riesce a far sentire l'altra subito a suo agio e a stabilire con essa un'immediata sintonia. E questo le riesce anche con persone molto diverse tra loro. Per fare questo è necessario che il soggetto abbia un buon rapporto con il proprio mondo interiore e un'innata tendenza ad andare verso l'altro. I modi dell'empatia «L'empatia é spontanea per definizione; quella costruita a tavolino non funziona, anche se si può in effetti imparare ad essere almeno un po’ empatici.In genere l'empatia si manifesta con parole (poche) e toni della voce che colgono nel segno, una battuta divertente e rispettosa, un'ironia benevola, un sorriso aperto e schietto, una stretta di mano vigorosa ed entusiasta, un silenzio comprensivo. Comune a tutti questi elementi è il fatto di essere in qualche modo affini o,meglio ancora, calibrati sullo stato d'animo dell'interlocutore. La persona empatica può anche essere lontana dal modo di essere dell'altra, ma sa farla sentire compresa all'istante. E di solito è dotata di notevole elasticità caratteriale e capacità di adattamento. Entrare in empatia «É possibile fin da subito. anzi é molto più facile per due persone che 51 sono appena incontrate (anche da pochi secondi) piuttosto che per chi si conosce già da tempo». Se reciproca, l'empatia offre a entrambe le persone in questione la sensazione di "conoscersi di già", di viaggiare sulla stessa frequenza. L'empatia anche senza volerlo può accendere una scintilla di complicità, costituire la base per un colpo di fulmine, per un'amicizia immediata... Usarla sul lavoro L’empatia é un potente strumento per tutte le professioni in cui l'aspetto relazionale é in primo piano: dagli assicuratori ai rappresentanti, dai commercianti alle segretarie, dai manager agli insegnanti».Ma soprattutto l'empatia è fondamentale per gli operatori sanitari (medici, psicologi, infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali): per esempio, un paziente che si sente capito dal medico già sta meglio perché non è solo con la sua paura, perché chi deve curarlo gli ha fatto capire che sa di cosa si tratta e che capisce la sua sofferenza. I sì e i no dell'empatia Alcuni,, più che fare i simpatici, "fanno gli empatici": li 'puoi individuare dal fatto che hanno una grande quantità di presunte amicizie individuali, con cui fanno fatica a stare al passo, e che considerano ogni rapporto "unico, profondo e speciale". Non farti incantare da questi falsi feeling: non aprirti con confidenze personali prima di aver conosciuto meglio la persona. Se sai di avere questa capacità, non utilizzarla per controllare o manipolare le relazioni. Certamente sai cogliere con precisione i punti deboli e le insicurezze dell'altro ma è un errore usare l'empatia per blandire al fine di ottenere qualcosa. Evita anche di impiegarla smodatamente per piacere subito a tutti: il rischio è di apparire egocentrico ed eccessivo e comunque non autentico.

 

 

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