Strutturazione funzionale del Cervello


 Come è strutturato funzionalmente il cervello ?

 

  • A livello di interazione tra il mentale e il cerebrale vi sono diverse categorie di funzioni. Alcune sono intese come “strumentali” più periferiche, modulari e automatizzabili come il linguaggio, la percezione, la scrittura; altre sono intese come appartenenti ad un  sistema più centrale  di controllo esecutivo e sarebbero più  consapevoli (di alto livello), dipendenti dall'attenzione e soggette alla volontà. Dai sistemi centrali si diramano le “funzioni esecutive” che sono da intendere come l'emanazione organizzata ed organizzante di una sorta di “processore centrale” che fornisce risorse attentive. Esso è collocabile  in determinate aree  del nostro cervello (per lo più zone cerebrali riferibili ai lobi frontali, ai gangli della base e al cervelletto). Tali funzioni sono implicate in diverse operazioni di tipo cognitivo alcune definibili come basilari e altre più complesse.

 

  • Tra quelle di base si possono citare la capacità di avvio di una azione, di concentrare l'attenzione durante l' allerta, di sostenere l'attenzione durante l'attesa di un evento (Baddeley 1996).Tali abilità nelle prime fasi dell'infanzia sono principalmente guidate dallo stimolo (stimulus driven e per il nostro punto di vista sono ancora definibili come “protofunzioni esecutive”).Solo in seguito verso i 24 -36 mesi si esprimeranno facendo leva anche sugli aspetti volitivi interni che si sviluppano (goal driven). Salendo nella scala della complessità troviamo le funzioni di controllo del sistema motorio, dei pensieri, dell'emotività e degli impulsi(che si cominciano a delineare tra i 24 e 36 mesi circa; Posner et al, 1997). Subito dopo, dalle protofunzioni e dal sistema di controllo emerge la flessibilità che favorisce i cambiamenti veloci di compito, il trovare soluzioni diverse da quelle routinarie quando non più adatte, lo staccarsi per tempo da una abitudine nociva o ormai inutile, il ricupero veloce da una “finta” come avviene nelle competizioni sportive.

 

  • Quando si arriva ai primi gradi di sviluppo della flessibilità si sono formate le basi per l'evoluzione della capacità di rielaborare il materiale in memoria di lavoro (Miyake,2000), che a sua volta retroagisce per favorire un ulteriore evoluzione della stessa flessibilità. Tale memoria è a breve termine ed è quella che utilizziamo da un punto di vista visivo o uditivo negli avvenimenti in corso che richiedono elaborazione cognitiva. Ad esempio la applichiamo direttamente quando durante gli esercizi di visualizzazione (immagine mentale) dobbiamo ricostruire e riorganizzare una scena, oppure quando osservando un atto motorio complesso cerchiamo di ripeterlo ricostruendolo per gradi. La rielaborazione in memoria di lavoro diventerà una importante funzione di appoggio negli apprendimenti scolastici perché è fondamentale per  la comprensione dei testi scritti e per l'abilità di soluzione dei problemi.  L'apprendimento motorio è un “problem solving” continuo e se eseguito per gradi e con sistematicità arriva a retroagire sui processi che mette in gioco e, pertanto,  a potenziare  la memoria di lavoro, l'attenzione e i sistemi sottostanti. Nel contempo, durante le fasi di sviluppo, attraverso la stimolazione che tradizionalmente i diversi ambienti forniscono si arriva a quella che viene definita “autoregolazione” (l'equilibrio implicito tra il sistema emotivo motivazionale e quello di controllo, in funzione dell'adattamento sociale e dello scopo del momento) e successivamente si affermano le funzioni più complesse che sono alla base di quello che l'uomo esprime con la definizione vaga di “intelligenza”. La guida orientante viene fornita dal livello motivazionale che va accortamente indirizzato verso gli aspetti più consoni all'affermazione del vero Sé. 

 

  • Tutti questi processi sono innestati e immersi nel contesto umorale ed ormonale fornito dal  tono emotivo che va contenuto ed educato con abile strategia  (ricordando che nello scontro diretto e violento con i sistemi emotivi la volontà può solo soccombere). Le connessioni cerebrali che vanno dalle aree emotive del cervello verso le cognitive sono molto maggiori di quelle che fanno il percorso inverso,  anche la neuroanatomia conferma la prevalenza del sistema emozionale. Tuttavia si è potuto evidenziare un'area cerebrale denominata  giro del cingolo anteriore (che appartiene al lobo frontale) dove sembra avvenire un confronto che porta all'autoregolazione del comportamento e quindi all'incontro tra le emozioni e il possibile controllo cognitivo. Tale area si dimostra attiva alle neuroimmagini quando vi sono aspetti emotivi in atto e anche quando vi sono compiti cognitivi che richiedono di resistere a distrattori (controllo) o a cambiare velocemente l'attività in atto (flessibilità).Questo sito cerebrale e le sue delicate funzioni di mediazione tra il cognitivo e l'emotivo è oggetto di studio da parte delle neuroscienze e da qualche anno si sa anche come stimolarlo e indagarlo con test non invasivi (Posner et al. 2004, Benso 2010).Tutti gli esercizi che mettono in gioco il controllo e la flessibiltà stimolano anche il giro del cingolo anteriore.  Pertanto gli allenamenti che richiedono il controllo del  comportamento (non muoverti fino a che...) e quelli che inducono ad alternare i movimenti stimolano il giro del cingolo anteriore e altre aree cerebrali collegate. Come abbiamo sostenuto più sopra le funzioni esecutive sembrano trovare un substrato anatomico neuronale principalmente nel lobo frontale dell’uomo. Il lobo frontale segue la maturazione della specie homo dalla nascita all’adolescenza e quasi certamente ancora molto dopo (oltre i 21 anni; Luria,1976; Sowell,1999).

 

  • L’emergenza mentale organizzatrice e di sostegno “energetico” dei vari processi che deriva in gran parte dalle reti di neuroni dei lobi frontali viene  definita Sistema Esecutivo (Baddeley, 1986) o Sistema Attentivo Supervisore (SAS; Norman e Shallice, 1986) o ancora Processore Centrale (Moscovitch e Umiltà, 1990). In questo lavoro utilizzeremo in modo interscambiabile queste tre definizioni del SAS. In altri termini, si può pensare di paragonare il tutto ad una fabbrica dove un computer controlla una catena di montaggio formata da diverse macchine assemblate in serie e in parallelo. Una volta definiti i flussi, i tempi di lavoro e gli assemblamenti (fase dell’apprendimento e dello sviluppo), la catena funziona da sola, ma il computer, pur essendo in “stand by”,  rimane pronto ad intervenire per modificare, arrestare il processo in caso di un guasto improvviso o dell'immissione di materiale fallato.  Così è il nostro SAS nei confronti dei processi iper-appresi come ad esempio, camminare, guidare, leggere. Tutto si svolge apparentemente in modo automatico, ma non appena siamo in situazioni di novità, di difficoltà o in preda a forte emotività, interviene il SAS che controlla strettamente e con molta attenzione anche questi processi specifici.

 

  • Il “camminare” è un modulo molto automatizzato, ma non si può pensare ad altro che a dove si mettono i piedi quando si cammina sull’orlo di un precipizio, a differenza di quando si passeggia per fare shopping.  Questa applicazione concentrata su di un unico compito ci introduce verso il concetto di “risorse attentive” che sono definite a “capacità limitata” (Shallice, 1988).  E' facile intuire che possiamo svolgere più compiti automatizzati contemporaneamente, ma quando dobbiamo prestare particolare attenzione ad un aspetto, le risorse a disposizione, essendo limitate, ci costringono ad occuparci del compito più importante. Ad esempio, si può guidare e conversare se ci si trova in un luogo noto e con modesta circolazione di autovetture, tuttavia si smette di parlare qualora ci si perda nel traffico di una città sconosciuta.  Dobbiamo riservare le risorse attentive, in questo caso, al solo compito principale.  Ognuno di noi ha una diversa quantità di risorse a disposizione: chi ne ha di più, meglio si trova nei compiti che incalzano contemporaneamente e soprattutto riesce a concentrarsi, nonostante le distrazioni, esclusivamente su quelle mansioni che interessano e richiedono attenzione.  Tuttavia è interessante far notare che studi molto recenti descrivono particolari aree cerebrali definite “default network” che sembrano adibite al pensiero rivolto verso l'interno o a quello “errante” non particolarmente concentrato (definito: “wandering”, in “default mode”; Fassbender 2009).  Si è notato che qualora venga richiesta una particolare concentrazione attentiva su di un compito (che può essere anche un gesto sportivo) le aree cerebrali di default vengono inibite per permettere alle aree specializzate nei processi attentivi di attivarsi al massimo. 

 

  •  La difficoltà di concentrazione spesso deriva non dalla mancanza di risorse (più tipica del ritardo mentale), ma dal fatto che le aree di default non vengono inibite anche perché potrebbero essere attivate dal sistema emotivo poco controllato.  Molti soggetti definiti come “ritardati mentali”, a volte non son tali perché non sono realmente poveri di risorse, ma sono solamente disturbati da aspetti emotivi e dall'interferenza delle default network che li rendono impulsivi e disattenti e quindi apparentemente inadeguati.  Training che si occupino di centrare l'attenzione e di controllare l'emotività in questi soggetti, fanno aumentare le prestazioni durante le misure dei Quozienti Intellettivi (QI). Ovviamente non sono veri ritardati mentali, ma falsi allarmi con risorse disturbate che però rischiano di venir trattati come dei minorati per gran parte della vita. Per inciso un allenamento intenso di spada giapponese anche solo di primo livello, con le implicazioni del controllo (respirazione, postura, sguardo, ecc...), dello stato d' allerta in attesa del movimento del partner, dell'attenzione sostenuta durante l'apprendimento della tecnica, della sollecitazione emotiva che  porta il tono ad un giusto livello, è un ottimo trattamento per reclutare  più risorse, esercitare un pensiero concentrato ed apprendere a controllare l'emotività e le aree di default.

 

  • E' stato più volte dimostrato anche dalle neuroscienze che le risorse (o meglio la loro allocazione) sono allenabili (Posner et al., 2004; Benso 2010). Particolari emozioni possono indurre ad allocare più risorse mentre altre possono reprimerle.  Chi si esercita con gioia, spirito di amicizia rende di più dal punto di vista motorio, rispetto a chi si sente isolato e depresso dall'ambiente serioso, limitato e limitante. Per comprendere meglio alcuni meccanismi utilizziamo un esempio tratto da un tipo di allenamento sportivo.  Il colpo di “dritto” di un giocatore di tennis professionista, è un modulo automatizzato attraverso l'iper-apprendimento. Quando è in allenamento e quindi in fase di apprendimento il tennista presta molta attenzione al gesto perché la perfezione motoria non si raggiungerà mai. Ogni giorno si impegna a migliorare o a modificare in meglio l'atto, lo velocizza in potenza attraverso il “rallentamento” del movimento portato dall'attenzione, trovando le linee minime da seguire e utilizzando sempre minor sforzo fisico, in altri termini lo affina. Quando il tennista è in partita non può dedicare attenzione al gesto che deve esprimersi al meglio con il massimo grado di automatismo raggiunto. Pertanto le  risorse attentive “limitate” saranno meglio impiegate per valutare le strategie di gioco, mentre gli atti motori automatizzati si manifesteranno autonomamente nella loro potenza, velocità e precisione. L'emotività, tuttavia, può influenzare l'atto motorio, se nasce la paura di perdere, i colpi torneranno sotto il controllo del SAS (entra un pensiero in più; come in allenamento)  perderanno la loro spontaneità e inevitabilmente saranno rallentati e resi meno fluidi. Quello che gli esperti definiscono il “braccino” del tennista quando non chiude la partita con un facile colpo. Da questo esempio si comincia a comprendere che un SAS  disturbato da pensieri fluttuanti non controlla sufficientemente l'emotività, che a sua volta lo inserisce quando e dove non dovrebbe intervenire (è un rapporto dialogico ricorsivo). La stessa cosa può avvenire nel senso opposto quando l'individuo decide di prestare attenzione ad un determinato compito, ma l'intervento dell'emozione lo rende confuso e disattento, in questo caso disinserendo il SAS. Si può portare l'esempio dello  studente che interrogato deve dimostrare di non aver studiato a memoria argomentando, collegando e rispondendo a tono.

 

  • Un improvviso attacco emotivo può renderlo confuso ed invece di utilizzare i sistemi attentivi esecutivi può procedere automaticamente, non seguendo le domande dell'insegnante e cantilenando la lezione.   In questi due esempi abbiamo visto come l'emotività poco controllata possa creare problemi inserendo il SAS quando non dovrebbe interferire (controllo del dritto a tennis) o disinserendolo quando dovrebbe costantemente controllare (lezione da argomentare sul momento). Il SAS è stato studiato funzionalmente dalla neuropsicologia attraverso pazienti con lesioni specifiche in siti diversi del lobo frontale, dei gangli della base, del cervelletto; da tali studi è emerso come esso sia direttamente implicato in diversi tipi di patologie dove sono coinvolte memorie, emozioni ed apprendimenti (quello motorio compreso). Le funzioni esecutive sono distinte, ma in sottile interazione tra loro, non si può essere flessibili senza aver sviluppato il sistema di controllo e il riaggiormanento in memoria di lavoro, non si può riaggiornare in memoria di lavoro se non si è controllati e flessibili e qui le cose cominciano a complicarsi soprattutto quando questi “costrutti” di per sé ipercomplessi vengono indagati con semplici test (prove psicometriche) che tentano di simularli. In questi casi  è facile prendere abbagli se non si procede  in modo cauto accorto, ma questo è un aspetto che interessa meno se non gli addetti ai lavori (Benso, 2010).

 

  • E' bene sapere, invece che da tali funzioni di base dipendono poi le possibilità più evolute per la specie homo. Partendo da un primo livello come quello scolastico (o di vita quotidiana), se emergono problematiche nel controllo, nella flessibilità, nella capacità di rielaborazione in memoria di lavoro è difficile stare attenti, comprendere i testi scritti, risolvere problemi complessi, astrarre significati simbolici e le metafore (utili anche per i comportamenti empatici). Tutto ciò è il fondamento ulteriore di alcune delle facoltà umane superiori come possono essere  la pianificazione (anticipando un evento attraverso il pensiero); la gestione della frustrazione su di un compito in vista di uno scopo superiore futuro; la capacità di provare empatia (sapersi collocare  nei “panni dell'altro”) e ancora: il “senso dell'humor” (da distinguere chiaramente  dallo scherno o dalla facile ironia rivolta verso gli altri). Tale funzione  appartiene agli spiriti più evoluti ed è indice di estremo sviluppo intellettivo (Jung 1933; Watzlawich, 1967). Sua Santità il Dalai Lama ne è un mirabile esempio, nonostante i soprusi e le gravi violenze subite riesce a trasmettere gioia e serenità pur non distraendosi mai dal suo impegno che lo porta spesso a “battersi” pacificamente  per il suo popolo e la sua cultura.

 

  • Lo stesso Maestro Tada Hiroshi, Direttore Didattico dell'Aikikai D'Italia,  durante gli allenamenti di Aikido, esorta spesso a sorridere (aspetto decisamente controintuitivo per il neofita che ha una sua idea di arte marziale). Un vecchio filmato di O Sensei Ueshiba Morihei mostra il Maestro (molto anziano, ma nel pieno della sua Realizzazione)  mentre ride gioiosamente emanando un profondo senso di dolcezza durante la pratica con alcuni bambini. Anche questo aspetto riguardante le emozioni positive va coltivato ed educato e il sistema di controllo ne è la chiave. Le neuroimmagini citate nel libro di Daniel Goleman (vedi sopra) hanno isolato precise aree cerebrali correlate alla gioia nel Monaco Oser durante la fase di meditazione secondo il metodo tibetano della concentrazione sulla “compassione” (intesa nel senso buddhista ). Ciò significherebbe, tra l'altro, che provare compassione per l'altro retroagisce positivamente e fa stare meglio fornendo attivazioni ormonali di benessere e salute (Dalai Lama e Goleman 2009). Vi è una sostanziale differenza sia ormonale che di status rispetto all'individuo che si lascia andare agli impulsi e alle emozioni negative come la rabbia, lo sfogo (anche simulato), l'invidia, il senso di rivalsa, l'idea di vendetta, che mentalmente bloccano su fissazioni e che ormonalmente “avvelenano” ( Le Doux, J., 1994; 1996).