Stimoli e Valori

Monica e Roberta in Koshinage -    appena ieri al dojo di Lauria

A ogni stimolo forte che ci colpisce in maniera sensibile, i muscoli si contraggono; se lo stimolo è tenue e piacevole, i muscoli si distendono. Quindi, prima che si possa parlare di valori,(buono o cattivo) dobbiamo stabilire se uno stimolo è più o meno forte. Questo non ha assolutamente nulla a che vedere con una sensazione o con un'esperienza buona o cattiva. In linea di principio giudizi come `buono' o `cattivo' vengono formulati in base a norme che corrispondono a concetti di valore sociali e che costituiscono la morale.

Ma le attribuzioni di valore del nostro corpo sono innanzi tutto soggettive e scaturiscono dall'esperienza del corpo stesso.Uno stimolo forte ha dunque un effetto positivo o negativo? Possono verificarsi entrambi i casi.

L'orgasmo è il risultato di un'azione di stimolo molto forte. I muscoli si contraggono e di nuovo si distendono per godere nuovamente dello stimolo, ennesima contrazione e rinnovata apertura. Quest'alternanza dei movimenti muscolari ci fa entrare in uno stato di eccitazione. Quando qualcuno non reagisce a stimoli così forti, lo definiamo un pezzo di ghiaccio, diciamo che è frigido.  Se un cubetto di ghiaccio scivola lungo la schiena,  produce uno stimolo altrettanto forte che irrigidisce la parte posteriore del corpo, contraendo  le scapole e distendendo il torace anteriormente.
Il fatto di avere una sensazione più o meno piacevole, non dipende in definitiva dalla temperatura o da associazioni di natura secondaria: il risultato è che ci si trova con la camicia bagnata. Una camicia bagnata risulta `cattiva', una borsa del ghiaccio sulla fronte febbricitante risulta `buona'.

Per il nostro corpo si tratta in entrambi i casi di stimoli di freddo ugualmente forti, ai quali reagisce nello stesso modo, con la contrazione e la distensione della muscolatura. Queste due reazioni, contrazione e rilassamento, sono gli elementi costitutivi del nostro linguaggio del corpo.

Ma perché mai i nostri muscoli si contraggono?

Vi sono due ragioni : la prima ragione risiede nella natura del sistema organico; alcuni semplici esperimenti condotti con l'ausilio di impulsi elettrici hanno dimostrato che se qualcuno è completamente rilassato reagisce alla minima scossa e che non appena si contrae bisogna amplificare l'intensità degli impulsi.
E un nesso di cui ognuno può rendersi conto. Se si passa la mano completamente rilassata sulla superficie di un tavolo o di un panno, quasi accarezzandoli, si recepisce molto della loro struttura, si sentono le fibre sottili . L'informazione scorre attraverso la mano.

Riccardo e Domenico  - Verti-koshinage

Non appena la si contrae, non si ha più alcuna sensazione di simili sottigliezze. Tutt'al più si avverte la fine del tavolo o il passaggio dal panno a un altro materiale. Si sperimentano limiti, esterni e interni, oltre i quali lo scambio di informazioni è bloccato. Nella pratica delle tecniche di Aikido come per la comunicazione non verbale tra individui può dirsi la stessa cosa. Se siamo rilassati, recepiamo le informazioni con maggior facilità e precisione; se siamo contratti, ciò avviene solo lentamente e in assolutamente imprecisa. Diciamo allora che siamo contratti o rilassati , `aperti' o`chiusi'. Vi sono innumerevoli ragioni che spiegano un tale irrigidimento quali la paura dell'autorità o ansia, stanchezza o esaurimento. Non appena ci accorgiamo che il nostro uke è contratto, non dovremmo più presumere che egli recepisca le nostre informazioni.

La seconda ragione delle contrazioni muscolari involontarie è certamente iscritta nella storia biologica: è una reazione di fuga. Quando accade qualche cosa che ci spaventa, la fuga rappresenta la modalità di comportamento più naturale. La situazione potrebbe farsi pericolosa e, fintanto che ve n'è la possibilità, si tende a correre via. Dopo questa prima reazione di natura intenzionale, vengono sviluppate delle argomentazioni sul perché ci si pone in assetto di combattimento. Ogni improvviso cambiamento che si produce nell'ambiente circostante, ogni movimento brusco, ogni rumore che ci sorprenda provocano la stessa reazione. Per il comportamento psichico vale altrettanto: tutto ciò che è nuovo e sconosciuto viene vissuto dapprima come pericoloso; ci incute paura e ci tiriamo indietro.

 E ciò non avviene unicamente nell'uomo.


Se presentiamo a un gatto un cibo nuovo, l'animale si avvicina alla ciotola con cui ha confidenza. Fiuta: un odore nuovo! E fa due, tre passi a lato. Poi si ferma, seconda reazione: nuovo, ma non male! Il secondo avvicinamento conferma l'esperienza olfattiva. L'animale infila la lingua nella ciotola: un sapore nuovo! Per la seconda volta si ritrae, verifica: nuovo e non gradevole! Il gatto si volta e se ne và. Oppure: nuovo, ma gradevole! Torna indietro e mangia.

Un processo di regolazione normalissimo osservato nei suoi vari stadi. L'uomo non si comporta molto diversamente. A uno stimolo sconosciuto, dapprima ci tiriamo indietro o ci chiudiamo. Poi verifichiamo lo stimolo sulla base dei valori esperienziali immagazzinati e reagiamo in maniera appropriata, positiva o negativa. Non ci si può aspettare che qualcuno si apra immediatamente a ogni nuovo incontro: ciò sarebbe contro la sua natura. Ecco perché nella pratica delle tecniche , ad uno stage in cui magari non si conoscono persone e situazioni, occorre rimanere tranquilli e rilassati, senza alzare muri, ne indossare corazze, emotive. Vi sono reazioni del corpo che non vengono provocate dallo stimolo diretto, ma che muovono da associazioni. Se siamo costretti a subire una iniezione prepariamo il corpo al dolore, ma un dottore abile avrà già fatto l'iniezione senza che noi  c’è ne siamo accorti.

Oppure trasaliamo lo stesso, anche se non avremo sentito assolutamente nulla.
Se addentiamo un limone, la muscolatura del viso si contrae, la nuca e le spalle s'irrigidiscono. Scattano delle forme di difesa. L'intera parte superiore del corpo si ritrae all'indietro, come se volesse fuggire. Tali gesti sembrano ridurre la forza dell'informazione `sapore acido' che va al cervello. I muscoli si rilassano quando lo stimolo cessa. In corrispondenza di un pensiero il corpo si
serve di un'analoga forma espressiva. Se qualcuno dice un'idiozia, se non possiamo ribattere siamo costretti a reprimere tale impulso per motivi di gentilezza ó di sottomissione, viso e regione delle spalle hanno la stessa reazione che si verifica quando addentiamo un limone.

E chi ci osserva intuisce biologicamente tale reazione poiché segue il medesimocodice
Queste manifestazioni primarie o secondarie non hanno nulla a che vedere nemmeno con l'imitazione. Un bambino cieco e sordomuto asiatico reagirebbe all’asprezza di un limone esattamente come un suo coetaneo di sana costituzione in Europea o in sud America. Qui non si tratta di comportamento appreso o acquisito in forza dell'abitudine, ma di una reazione biologica ancorata al programma genetico.
Le esperienze spiacevoli provocano una reazione di fuga o di blocco muscolare. Magari non la prima, ma sicuramente la seconda o la terza volta che l'esperienza si ripete, avremo imparato a ricondurla a delle cause fisiche.

Già solo la percezione di un certo oggetto, odore o rumore, di una determinata situazione agisce su di noi come un segnale di avvertimento. In questo modo evitiamo di ripetere l'esperienza che presumiamo essere spiacevole. Per quanto questo meccanismo di regolazione ci appaia semplice, nasconde una fonte di errori che può condurre a un comportamento errato. Per tre volte abbiamo addentato delle mele verdi, ogni volta aspre. La quarta, la nostra spia luminosa si accende e segnala: prudenza, aspra, la cosa si fa spiacevole. E la lasciamo stare. Un'altra volta, però, la mela è dolce e ha un buon sapore. Se non la mangiamo, ci priviamo di un'esperienza piacevole, reagendo in base a una supposizione; perderemmo un'informazione per non avere verificato il valore reale. Il blocco causato da precedenti esperienze può essere vantaggioso e risparmiarci tempo e seccature, ma comporta anche il pericolo di valutazioni errate in base a pregiudizi.

La conseguenza che ne deriva è un atteggiamento verso la vita in cui si tende a ordinare tutto ciò che appare uguale in cassetti uguali e in cui ci si adatta alla convinzione errata che nella vita nulla muti. Ciò può essere comodo, ma è sbagliato. I pregiudizi rappresentano una semplificazione e un irrigidimento delle nostre rappresentazioni di valore su ciò che è buono e cattivo, rappresentazioni che, in base a una percezione disturbata, hanno condotto a un comportamento sbagliato. Non possiamo che operare ogni volta ex novo le nostre verifiche, anche a rischio di delusioni. Incontriamo qualcuno, e ci diciamo: conosco il tipo, e lo eliminiamo, non gli diamo nessuna chance. Ci arriva un'offerta sul tavolo, e ci diciamo:

«Conosco questo genere di ditta», e archiviamo l'offerta (ci saremo forse preclusi una buona opportunità). Più giusto sarebbe tradurre il segnale di avvertimento in obiezioni critiche e sottoporre a verifica l'uomo e l'offerta. Controllare se i valori reali giustificano il nostro pregiudizio o se non sono magari persino prossimi ai nostri valori ideali: l'uomo giusto, l'offerta migliore. Avremmo condizioni paradisiache se ognuno facesse così. Invece non abbiamo tempo, pazienza, voglia, discernimento, e mettiamo in conto gli errori. Una scelta comoda ma costosa. D'altra parte, è anche vero che è assolutamente impossibile assumere e verificare tutte le informazioni disponibili. Se già a livello di processi consci ci rifiutiamo di farlo, a maggior ragione questo rifiuto vale per l'apparato sensorio. Esso si avvale di blocchi e di forme di selezione. Un certo flusso informativo viene bloccato per lasciar passare informazioni più urgenti in base alle priorità dettate dal corpo. Questa è una scelta che i nostri sensi fanno quasi automaticamente.

Quando siamo affamati, non abbiamo più occhi per banche o negozi di scarpe; il nostro sguardo rimane catturato da qualunque ristorante o caffè. Si tratta di una selezione operata dal nostro sistema guida, non di un oscuramento di percezione. Gli organi di senso recepiscono molti più input, ma non producono un aggravio della coscienza. Il subconscio immagazzina contemporaneamente anche altre informazioni. Vi sono individui che, sotto ipnosi, hanno reso la loro testimonianza su episodi di cui, in stato di veglia, pur con la migliore buona volontà, non riuscivano a ricordarsi: segni caratteristici di auto, colori di vestiti, eccetera. Percepiamo le esperienze attraverso i cambiamenti del nostro organismo. La spinta a tali cambiamenti può essere data dall'interno del nostro corpo (senso di fame) oppure da stimoli esterni. In entrambi i casi il corpo cerca di ristabilire uno stato di equilibrio, di riportarsi in armonia. Soddisfa la pulsione o reagisce allo stimolo. L'equilibrio è ristabilito. Ogni alterazione di questo equilibrio armonico significa disordine, eccitazione. Energia e vitalità aumentano, e noi sviluppiamo un'attività straordinaria. Estremizzando il caso, la coordinazione dei nostri movimenti fallisce, la voce dà in falsetto e i pensieri s'ingarbugliano. Con il calo di energia possiamo scivolare in stati di apatia e di depressione che arrivano fino alla più completa indifferenza. Vi è un'interazione immediata e reciproca fra le pulsioni e gli stimoli, la vitalità del corpo e il nostro stato psichico. Proviamo dunque a seguire queste interazioni reciproche.