Sistema attentivo

 

 

  • IV) Il trattamento o il potenziamento del Sistema Attentivo Supervisore  in funzione degli apprendimenti.
    Abbiamo visto gli alti scopi dell'arte marziale e la complessità degli obiettivi, il nostro lavoro è stato quello di scomporre la difficoltà per creare delle mete intermedie sapendo bene che l'esercizio dei requisiti di base è il fondamento su cui poggiare tutta la pratica e lo abbiamo fatto nei due ambiti (marziale e cognitivo). E' bene sapere, per quanto riguarda il campo degli apprendimenti, che la neuropsicologia definisce “moduli” (Fodor 1983) tutti i sistemi funzionalmente separabili e parzialmente automatizzabili.
     Karmiloff-Smith (1992) teorizza poi lo sviluppo modulare, nel senso che un apprendimento non “esplode” per determinazione genetica (come direbbe Fodor), ma va anche sollecitato da un ambiente adatto e stimolante. Karmiloff-Smith argomenta sugli indici di sviluppo cognitivo e con il termine “padronanza comportamentale” definisce il pieno raggiungimento delle sotto-fasi che precedono il futuro passaggio al livello superiore. Questo meccanismo implica che se si vuole imparare il salto in alto non lo si farà solo esercitandosi a superare l'assicella, ma lavorando anche  sui prerequisiti necessari al salto stesso.
    Nel metodo per il trattamento o per i training abbiamo perciò combinato tutte le fasi  delineate sopra (dall'attentivo all'emotivo) per ottenere graduali padronanze comportamentali. Il procedimento è quello di sviluppare le funzioni esecutive di base e le risorse attentive per preparare il nostro individuo allo sviluppo delle funzioni strumentali (moduli ed apprendimenti). Il lavoro sulla realizzazione personale, proprio perché è tale, non fa parte dei nostri protocolli di routine, ognuno deve trovare liberamente l'atmosfera e la strada adatta al proprio Sé. In prima battuta parallelamente agli esercizi di potenziamento per tutti (sportivi compresi), abbiamo preparato programmi cognitivi, in parte pubblicati, per la riabilitazione del trauma cranico adulto e per il recupero nei disturbi di apprendimento nell'età dello sviluppo (Benso 2004, Benso 2004b, Benso et al. 2008). 
  • L'applicazione possibile si indirizza, pertanto, verso diversi campi che vanno dal recupero di un disturbo di lettura, di una amnesia traumatica fino ad arrivare al potenziamento di sportivi professionisti. Gli operatori devono avere l'atteggiamento del ricercatore nel laboratorio che applicando il metodo osserva e frena il giudizio avventato. Inoltre è necessario sviluppare quella forma di empatia e di accoglienza tipica dell'arte marziale, instaurando atmosfere attive (evitando la noia), serene (evitando la tristezza), dove l'impegno (che allontana le fluttuazioni di pensiero e l'atteggiamento di “default mode” descritto sopra) viene vissuto e condiviso in funzione del superamento dei limiti del soggetto.
  • Nel contempo ci siamo accorti negli anni ( e questa è la sede adatta per dirlo esplicitamente)  che anche un “ignoto” (per il mondo), ma bravo  istruttore di arte marziale riesce ad incidere positivamente con il metodo sviluppato anche in altri contesti.  Recuperare difficoltà di apprendimento è altrettanto difficile che insegnare le cadute (ukemi) a soggetti anche adulti che soffrono di vertigini e che rifiutano da sempre le semplici capriole. Questa abilità di fondo nel trattare le problematiche per migliorare il soggetto, la possiedono anche i maestri d'arte, di strumentazione  o  gli allenatori professionisti di elevato livello.
    L' atmosfera delle arti marziali contiene tutti quei requisiti utili per l'intero sviluppo della persona, oltre che i processi minimi su cui appoggiarsi per rinforzare alla base i processi vacillanti. Tale ambiente è strutturato nei minimi particolari (e quindi strutturante) ed è stimolante anche attentivamente. Le stesse linee didattiche che prevedono che il maestro istruttore si soffermi nei diversi gruppi di lavoro per correggere o per  far notare le sfumature della tecnica, sono efficaci strumenti per individualizzare l'insegnamento e le richieste. Per ottenere un vero progresso bisogna chiedere ad ognuno poco di più di quello che può dare in quel momento. Le richieste a bassa difficoltà non stimolano anche se apparentemente fanno star bene il soggetto che supera le prove,  quelle ad alta complessità portano verso il rifiuto della prova stessa.  Ai due estremi non si progredisce e salta la motivazione. Individualizzando e controllando lo sforzo si evita l'inutile apprendimento passivo di chi non si mette mai in gioco, perché si limita ad imitare  il vicino ed impara il minimo per inerzia dopo lungo tempo. Il maestro istruttore rapportandosi individualmente può impegnare gli allievi in giusta misura.  Può far vedere come si fa (e ciò richiede attenzione) e richiedere la ripetizione del gesto per verificare. Ciò richiede molte risorse perché bisogna stare attenti, ricuperare in memoria e rielaborare mentalmente.  Parlavamo più sopra di aree cerebrali che si attivano durante il pensiero errante (default mode) e la noia.  Spesso i bambini sono molto allenati dalla vita a questo stato, soprattutto quando non partecipano all'attività proposta o quando a scuola “staccano” rimanendo ore ed ore in balia del flusso di pensieri.  L'allenamento incalzante e motivante può contenere limitando queste attivazioni cerebrali “spurie” e dovrebbe essere un sorta di igiene mentale, volto a ripristinare i sistemi “esauriti” proponibile per intervallare le ore scolastiche.  E' difficile a volte sconfiggere l'abitudine al “default mode” con le poche ore di pratica settimanale.  Come abbiamo più volte sottolineato è compito nostro occuparci delle basi e non entrare negli altri aspetti più profondi se non a livello di pura tecnica. A nostro avviso sarebbe una invasione indebita della persona. Purtroppo vi sono già troppe figure che vogliono occuparsi del “bene altrui” istituzionalizzando e fornendo una copertura spesso condivisa socialmente delle loro indebite ingerenze.
  • D'altronde il tanto mitizzato incontro tra “Maestro e Discepolo” derivabile dalla cultura orientale, è sempre un rapporto uno ad uno tra individui che condividono molte ore di vita quotidiana e che, soprattutto, si scelgono a vicenda. Questi argomenti meriterebbero un altro intero scritto e in questa sede lasciamo solo questo cenno come spunto di riflessione. Affronteremo ora i meccanismi più pratici,  facendo notare come anche un “semplice” movimento di spada esprima tutte le funzioni esecutive di base, di conseguenza avremo a disposizione molto materiale se si pensa ai livelli di complessità crescente delle diverse tecniche derivabili dall'arte marziale. Si ribadisce che allenando le risorse attentive miglioriamo le memorie, l'autoregolazione rispetto agli impulsi emotivi e quindi l'autostima. Anche scolasticamente si può notare il cambiamento, ma questo è un effetto collaterale che indica soprattutto un potenziamento dell'individuo per la vita.
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  • V) Programma generale di riabilitazione o di potenziamento
  • Il protocollo abilitativo o di potenziamento può essere somministrato utilizzando esercitazioni  esclusivamente da “tavolino” come facciamo, per ovvi motivi, con i soggetti lesionati che hanno difficoltà di movimento (emiparesi o altro). Per bambini, ragazzi e adulti tutto il materiale è traducibile anche in attività artistico - motorie  che vengono proposte come efficace integrazione dei training casalinghi o clinici. Tali attività hanno comunque una funzione di potenziamento  indipendentemente dalla abilità cognitiva del soggetto. Riassumerò brevemente di seguito a livello di mera elencazione  i princìpi.
  • I principi fondanti del “training integrato” (Benso, 2004; 2004b)
  • 1) Il sistema Attentivo Esecutivo e gli aspetti degli apprendimenti modulari sono interconnessi (vedi Posner et al., 1997;  modello Benso, 2007)
  • 2) Le risorse attentive  sono in rapporto dialogico ricorsivo con le motivazioni e l'emotività (che fornisce lo sfondo umorale del momento per lo svolgersi dell'evento cognitivo; Lewis e Tood 2005).
  • 3) Le esercitazioni vanno proposte con una difficoltà perfettamente tarata sul soggetto (individualizzata). Se il compito è troppo facile il soggetto non si allena e non migliora così è se il compito è troppo difficile.
  • 4) L'operatore deve essere empatico capace di costruire alleanze, avere la conoscenza dei modelli che sta trattando. Nell'arte marziale si definisce  “I shin den shin “ la trasmissione da “cuore a cuore”  da “mente a mente” al di là delle parole, fra Maestro ed Allievo.

 

  • LE RISORSE
  • Inquadreremo solo molto brevemente l'allenamento delle risorse attentive rimandando ad altre pubblicazioni citate in bibliografia o in preparazione. 
    Le risorse, come abbiamo spiegato, sono il “motore” di tutto il sistema cognitivo. Gli esercizi studiati per essere applicati “a tavolino” o in palestra sono stati calibrati negli anni e soddisfano appieno i diversi punti dei fondamenti (vedi Benso et al. 2008). Sono utili gli allenamenti che prevedano:
  • 1) Doppi compiti sincronizzati non ancora automatizzati che impegnino con gradualità crescente le risorse a capacità limitata.
    2) Doppi compiti che si susseguono (non più sincronici, ma diacronici). In questo caso si esercita la funzione esecutiva chiamata flessibilità (staccarsi da uno schema per iniziarne uno nuovo) abbinata all'avvio, al  controllo e alla memoria di lavoro.
    3) Compiti svolti con interferenza (disturbo, distrazione) gradualmente crescente sempre assolutamente tarata sul soggetto in questione.
    4) Esercizi di visualizzazione (immagine mentale). Per mantenere viva l'immagine l'attenzione deve essere sempre attiva come pure la memoria di lavoro..
  • Allenamento dell'attenzione e delle funzioni esecutive di base
  • Cominciamo con il suggerire che gli esercizi che stimolano l' ALLERTA vanno inseriti all'inizio di ogni seduta (anche e soprattutto clinica), perché riattivano i diversi tipi di attenzione e le funzioni esecutive da impegnare durante l'intero training (vedi Robertson et al. 1997). Pertanto, è bene privilegiare esercizi con il “pronti  e via” sia nelle situazioni “cliniche” che in quelle ludico sportive.
  • Nell'arte marziale la condizione di allerta emerge ogni volta che si aspetta un attacco. In tal caso verranno stimolate anche le funzioni di  avvio (necessario per spostarsi immediatamente vincendo i blocchi decisionali) e  l' allerta tonico che rappresenta l'attenzione sostenuta nel tempo (quella che viene richiesta anche a scuola).Le altre funzioni esecutive di base da sollecitare costantemente sono la flessibilità e il  controllo. Quest'ultimo è inteso da molti anche come la capacità di inibire risposte prepotenti non utili allo scopo.
    Uscire da un attacco di spada vista la semplicità e la velocità dell'azione è uno dei compiti più difficili dell'arte marziale, per questo motivo i movimenti devono essere minimi e per niente complessi (aumenterebbero i tempi di reazione).
    Tuttavia nelle fasi di allenamento è necessario semplificare  e ridurre  le  difficoltà. Il partner segnala l'attacco (pronti) alzando la spada (di legno = bokken o di bambù = shinai), poi taglia (via) con incrementi di velocità graduali dipendenti dall'abilità di chi si difende. Già a questo livello sono in gioco tutte le funzioni citate sopra, tuttavia, valutando, a titolo di esempio, un esercizio semplice si comprenderà meglio quanto si può trarre da una intera ora di allenamento attivo di Aikido, dove le tecniche di apprendimento motorio raggiungono complessità molto elevate, impegnando a fondo anche i sistemi più potenti (ciascuno sarà coinvolto  secondo le proprie capacità che si svilupperanno con la pratica).
    La situazione è rappresentata da due persone, una con la spada e l'altra senza, quest'ultima deve imparare ad uscire dall'attacco e disarmare. Valutiamo cosa succede cognitivamente nella persona senza spada di media abilità (ciò vuol dire che il tutto può essere svolto da altri soggetti con minore o maggiore difficoltà) .
    Nel momento che si alza la spada si sente l'attivazione del  “pronti”, ma non ci si può muovere in anticipo altrimenti si viene poi colpiti facilmente, quindi si esperiscono le fasi di allerta, di controllo ed inibizione. Non appena la spada si muove si deve uscire dalla traiettoria quindi è necessaria una certa prontezza nell'avvio. A livello e in funzione del semplice allenamento flessibilmente le uscite dal taglio della spada dovranno essere eseguite  una volta a destra e una volta a sinistra alternandole (questo servirà, in futuro, ad abituare il soggetto a sfruttare più soluzioni), quindi sotto la “pressione”della spada bisogna gestire l'emotività e tenere in memoria di lavoro ogni volta da che parte ci si è spostati. Poco dopo chi attacca cambia il modo di tagliare  in questo caso chi si difende dovrà utilizzare un nuovo tipo di uscita.  I due tipi di attacco, il primo e il più recente, verranno in seguito alternati a caso, ciò richiederà più risorse attentive da dedicare al compito aumentando esponenzialmente  il numero di possibilità da tenere vive in memoria di lavoro. Una volta padroneggiata questa fase chi si difende oltre ad evitare il taglio applicherà la tecnica di disarmo più consona al tipo di uscita scelta.  Queste fasi per i bambini sono un prezioso momento dove una curata applicazione può esporli direttamente alle funzioni attentive ed esecutive di base portandoli fuori dai pensieri vagheggianti.   In linea generale nemmeno le fasi di automatizzazione del gesto che seguono e che portano a scaricare l'intervento del SAS sono da disdegnare perchè per automatizzare è necessario ripetere. Questo porta alla  capacità di gestire la frustrazione e la noia sui compiti, abilità fondamentale per mantenere la concentrazione ed affrontare con più incisività prove cognitive complesse.
    Questa fase più gravosa (il bambino sta modularizzando ed automatizzando, ripetitivamente) può essere eseguita anche a livello di “gioco corale” con il gruppo che effettua le reiterazioni dei movimenti. Il tutto dovrebbe avvenire senza far “saltare” il sistema del bambino, ma tenendolo il più possibile appena sotto il massimo di pressione sopportabile, esortandolo e motivandolo per superare i propri limiti.  Il principio è questo e vale per l’apprendimento di uno strumento, di uno sport, di un’arte marziale, di una danza e in riabilitazione.  Si dovrebbe mantenere un ritmo di apprendimento stabilito in base all’età e alla difficoltà del bambino stesso, evitando programmi di livello superiore, ma soprattutto evitando sedute con apprendimenti “passivi” che si realizzano per inerzia dopo diverso tempo di pratica distratta e priva di iniziativa (questo è un forte motivo di insuccesso anche per molti trattamenti riabilitativi).  Il vantaggio di questi esercizi, se svolti con metodo e costanza, è che espongono  direttamente il soggetto ai diversi tipi di attenzione, alle funzioni esecutive di base descritte sopra e al controllo dell'emotività. Pertanto è più facile trasferirli in altri ambiti perché vissuti direttamente e non spiegati a parole come purtroppo spesso avviene. A volte si cade nel paradosso che riporta Watzlawich quando descrive la calorosa esortazione che viene fatta per aiutare chi soffre di insonnia: “devi dormire”!
    Ciò è paragonabile a quando si richiede attenzione ad un soggetto con le risorse disturbate che non può avere il pieno esercizio della volontà: “stai attento”! Prima di richiedere severamente e di spiegare con fiumi di istruzioni, bisogna cominciare con sollecitazioni ed inquadramenti graduali, occupandosi nel contempo  di rinforzare direttamente le risorse attentive.
    Conclusioni
    I piccoli praticanti di arte marziale potranno usufruire delle sollecitazioni per lo sviluppo delle  funzioni esecutive attentive di base fin dalle prime lezioni attraverso l'apprendimento motorio.   Abbiamo visto l' importante ricaduta che hanno sulle memorie e sulla gestione dei distrattori  e quindi sulla capacità di comprensione del testo e sul problem solving.
    La lezione serena, seria, incalzante e giocosa, argina i pensieri di distrazione (default mode) aiuta pertanto l'attenzione, inoltre agevola la gestione del sistema emotivo in ben due modi: attraverso l'atmosfera creata  che conduce verso le emozioni positive  e sviluppando il sistema di controllo (del pensiero, dell'azione e dell'emotività) che è una funzione esecutiva attentiva.  Il praticante che matura e che si realizza attraverso l’arte marziale trova nella via della spada  o nella tecnica del corpo l' allenamento di base al pensiero concentrato anche come fase preliminare alla meditazione .
    La tecnica è supportata  a sua volta dalla meditazione stessa quando il pensiero “vagheggiante “ incalzante e dispersivo diventa pensiero Unico e Consapevole (contare le respirazioni,  cantare internamente un  mantra o rimanenere concentrati sul “tanden” ). Tutto ciò dovrà  poi tendere ad arrivare ad un ulteriore stato (O’ Sensei ne è il modello)  dove la  mente dovrà abbandonare anche gli ancoraggi unici (tanden, mente come specchio, ecc...) per non essere più collocata in nessun posto favorendo l’accesso della “supercoscienza” (Aurobindo; Takuan).
    Pertanto, lo scopo ultimo  della pratica (raggiunto o agognato, ciò non importa ) è una mente non più reattiva agli eventi e non più  in lotta per l’affermazione dell’ego  (del nostro piccolo io egoistico), ma propositiva creativa e in pace, immersa nel vero Sé e nella consapevolezza della coscienza cosmica che tutti ci unisce. La sola tendenza a questo con le cadute, che umilmente vanno accettate e combattute (ecco la vera lotta che deve insegnare l'arte marziale) e che contraddistinguono il nostro stato di umani terreni già è fonte di salvezza realizzativa. Come Sua Santità il Dalai Lama insegna si può ricercare il fondamento (neuro)scientifico anche nel Buddhismo e pertanto non è difficile trovarlo nella pratica dell'Aikido.  Non dimenticando mai il 
    Maestro che è dentro di noi che spesso è messo a tacere dall'io materiale e utilitaristico. Quando il Sé si esprime ci dà senso di non appartenza, dolcezza verso tutti e soprattutto un senso di felicità unica nell'atto della spogliazione da ruoli e dalle eccessive  sicurezze materiali. Naturalmente la condizione umana fa riemergere l'io durante la giornata, ma il semplice sforzo di non dare peso alle sue richieste, nonostante le cadute, già ci assolve agli occhi dell' Universo Creatore come uomini veri e non per forza come patetiche controfigure di superuomini invincibili.
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