Obesità nello sviluppo

 

  • L'obesità evolutiva, caratterizzata da iperfagia di natura emotiva, può instaurarsi fin dalle prime fasi dello sviluppo. Nell'insorgenza di tale obesità, che secondo alcuni autori ha un'incidenza del 15% rispetto agli altri tipi, risulta di determinante importanza 1'atteggiamento della madre in rapporto al processo di apprendimento del figlio. Questo apprendimento del bambino, nei confronti del mondo esterno e di se stesso, inizia fin dal momento della nascita ed è sorretto sia da fattori innati (acquisiti geneticamente), sia da fattori gradualmente assimilati con l'esperienza. Fin dalla nascita il bambino è dotato di notevoli strumenti conoscitivi (vede, sente, percepisce odori, gusti e sensazioni tattili, è sensibile al dolore), espressivi e di comunicazione quali il pianto (attraverso il .quale esprime dolore, nervosismo, fame, sete e altre sensazioni sgradevoli come il sentirsi bagnato o poco considerato), i movimenti del corpo, le espressioni del viso e soprattutto della bocca con la quale può esprimere aggressività (morsi), rifiuto (sputo), amore (sorriso) ecc.
    Le principali forme di comportamento del bambino, in questo primo periodo della vita, sono due: prendere l'iniziativa e rispondere a stimoli provenienti dall'esterno; pertanto l'atteggiamento della madre dovrà essere, di volta in volta, di risposta o di stimolo. L'esperienza che scaturisce dalla continua interazione col mondo esterno, e in particolare con la madre, registrata e codificata dal cervello, risulta determinante ai fini della consapevolezza dell'Io del bambino.
    Se le risposte o gli stimoli della madre sono appropriati, contribuiscono all'armonico sviluppo psicofisico del bambino e a conferirgli una più sicura personalità e maggiori risorse nel momento in cui dovrà affrontare le situazioni nuove della vita. Se le risposte o gli stimoli della madre non sono appropriati, essi deviano e confondono il bambino, per cui la sua personalità risulterà incerta, dipendente ed egli nella vita affronterà delle difficoltà nel riconoscere e soddisfare le sue esigenze.Per esemplificare quanto detto, ispirandoci alle esperienze di Hilde Bruch, possiamo considerare i diversi atteggiamenti delle madri soprattutto in rapporto all'alimentazione del figlio e il conseguente comportamento dei bambini fino a 12 mesi.
    Abbiamo quindi visto come le madri, in alcuni casi, prescindano dalle reali necessità del bambino e il cibo venga utilizzato per soffocare qualsiasi tipo di esigenza (di comprensione e attenzione, di svolgere attività fisiche impegnative, di esprimersi e di avere iniziative ecc.), oppure offerto per consolare e premiare o negato in segno di castigo e disapprovazione.Il bambino pertanto finisce per dubitare della legittimità dei propri sentimenti e delle proprie esperienze; egli gradualmente si abitua a correlare le necessità di cibo con ogni altro bisogno, perdendo la capacità di distinguere tra le sue diverse esigenze (per esempio riconoscere la fame come esigenza di nutrimento) e i suoi diversi impulsi emotivi.
    Nel caso in cui l'atteggiamento diseducativo della madre persista, il bambino, nella successiva fase di verbalizzazione, continuerà a chiedere cibo per ogni sua diversa esigenza (con soddisfazione della madre che glielo fornirà volentieri), divenendo incapace di autoregolare la propria alimentazione. Tale situazione potrebbe influenzare il comportamento alimentare anche in età adulta, soprattutto in casi di turbe emotive (obesità reattiva). Ci siamo fin qui occupati dei fattori psicologici che agiscono sulla iperalimentazione durante la prima infanzia; vediamo ora in modo schematico come tali fattori possano agire sui successivi periodi della vita evolutiva. I fattori che influenzano l'obesità nella seconda (1-6 anni) e terza infanzia (dai 6 anni alla pubertà) vanno ricercati:
    - nella persistenza dell'influenza deviante della madre; - nel condizionamento alle abitudini iperalimentari dovute, oltre che alla famiglia, alla comunità nella quale il bambino vive; - nella ipoattività motoria congenita dovuta al blocco psicologico, esercitato da una madre iperprotettrice, sull'attività fisica del figlio e sui suoi rapporti con i coetanei.
    Fino ai 9 anni il bambino obeso è indifferente o, in alcuni casi, fiero rispetto all'immagine del proprio corpo. Dopo i 9 anni i problemi psicologici aumentano con la graduale acquisizione della propria immagine estetica e in particolare degli svantaggi che l'obesità comporta: minori possibilità nelle attività fisiche competitive, maggiore difficoltà nei rapporti sociali ecc. Ne derivano imbarazzo, vergogna, inibizione, senso di inferiorità e, quindi, frustrazione, isolamento, timidezza, passività e a volte ribellione, che può esplicarsi con manifestazioni manesche o atteggiamenti di maldicenza.
    Il sentirsi diversi dagli altri bambini accentua lo stato ansioso di questi soggetti, i quali dovrebbero essere aiutati, a questo punto, dai genitori sia a livello psicologico sia dietetico. I genitori, purtroppo, molto spesso pensano di risolvere il problema cercando di ovattare il rapporto del figlio col mondo esterno e compensare col cibo (in genere con i dolci) le sue frustrazioni. Durante l'adolescenza (dall'inizio della pubertà alla fine dello sviluppo), che è il periodo più precario dal punto di vista dell'equilibrio psichico, il giovane deve affrontare svariati problemi:
    - il definitivo superamento dei suoi complessi edipici più o meno latenti; - le modificazioni del suo corpo; - la realizzazione della propria indipendenza dai genitori; - il confronto con i compagni e l'inserimento nel loro contesto. Il non riuscire a risolvere tali problemi, può indurre il giovane a isolarsi dal mondo esterno e a gratificarsi col piacere fagico.
    Per concludere possiamo dire che l'insieme delle diverse cause ed effetti psicologici dell'obesità evolutiva esercitano, a volte, un ruolo importante sul comportamento e sulla personalità dell'individuo, per cui, in alcuni casi, si possono riscontrare atteggiamenti infantili, eccessiva dipendenza dalla madre, insicurezza, timidezza, aggressività, ansia ecc. È altrettanto vero però che in altri casi (quando l'immagine del proprio corpo finisce con l'essere accettata) si può verificare un discreto adattamento alle situazioni derivanti dall'aspetto estetico, che porta a una vita sociale dell'obeso senza particolari problemi.


ATTEGGIAMENTO DELLE MADRI

Madri molto sensibili

  • ai segnali dei figli,ai quali consentono una partecipazione attiva nel rapporto, lasciando loro stabilire, per esempio (entro determinati limiti): la quantità del cibo da ingerire, la velocità di somministrazione del cibo (sollecitando eventualmente con qualche delicatogesto d'invito), l'atteggiamento di gradimento o di rifiuto di fronte ai cibi nuovi e inoltre adottando un orario di alimentazione regolare ma non rigido e cercandodi far provare al bambino anche un certo piacere orale. I bambini si mostrano attaccati alle madri,si lamentano -quando si assentano e compiono sforzi attivi per rientrare e restare in contatto con loro. Non temono situazioni e nuovi contatti.


Madri troppo affettuose

  • con tendenza a iperalimentare i figli, sia con pasti a richiesta (allo scopo di accontentarli), sia a orario fisso. Queste madri, partendo dalla considerazione che in passato i disturbi nutrizionali erano molto frequentemente legati a carenze di cibo e quindi a un aspetto emaciato, sono convinte che un aspetto florido sia segno di buona salute e non sanno valutare i danni che un'alimentazione eccessiva può produrre. Il cibo in questi casi finisce col diventare succedaneo dell'affetto, della sicurezza e del benessere. I bambini si angosciano in caso di separazione dalle madri, si aggrappano a loro ansiosamente e temono nuove situazioni e nuovi contatti.

Madri perfezioniste, oppressive e prevaricatrici,

  • poco -sensibili ai segnali dei figli che alimentano seguendo orari rigidi e ricorrendo a sollecitazioni energiche. Madri impazienti, distaccate e insensibili che, più o meno consciamente, respingono i figli e tendono a iperalimentarli (a orari irregolari e con somministrazioni forzate) allo scopo di farli dormire a lungo per evitare impegni troppo gravosi. I bambini, che hanno ridotte possibilità di partecipazione attiva nel rapporto con la madre, hanno scarsa tendenza a cercarnela vicinanza e il contatto; non si aggrappano quando vengono presi in braccio, né si lamentano quando vengono messi giù.