La consapevolezza di se

  • L'educazione si realizza in due modi: da un lato attraverso le istruzioni di carattere gestuale e verbale, dall'altro passando per lo stimolo imitativo del comportamento altrui. Attraverso l'imitazione, i bambini fanno propri determinati modi di essere della famiglia, i giovani e gli adulti acquisiscono determinate modalità di rapportarsi al loro ambiente. Così facendo l'individuo si allinea alla ricchezza o alla povertà di possibilità esperienziali ed emozionali dell'immediato mondo circostante. Egli ne assimila i tratti, oppure resiste, afferma la propria peculiarità. A titolo illustrativo vorrei addurre due esempi. Per una data famiglia è caratteristico che tutti i suoi membri vadano in giro con il busto cadente, infossato, e con un'espressione pressoché assente.  In questa famiglia, questo è sicuro, non si fanno esperienze molto dirette e spontanee, né se ne parla. Le emozioni vengono trattenute affinché non si producano stimoli e non sorgano discussioni e, così facendo, tutti si sentono perfettamente a loro agio, poiché tutti si muovono all'unisono. In questo caso non possiamo parlare di giusto o sbagliato, di modalità positive o negative. Per il gruppo descritto, è questa la modalità positiva di relazione.
  •  
  • Nella stessa famiglia, però, può esserci un bambino che si muove del tutto liberamente in base al proprio ritmo. Per questa sua autonomia lo si può invidiare, ammirare o anche odiare, in quanto disturba la compagine familiare. Certo è che non potrà nascere fra lui e gli altri una relazione equilibrata, sgombra da conflitti. Egli costringe la famiglia a confrontarsi con dei movimenti ampi, delle grandi emozioni, delle grandi esperienze, cui tutti i membri non sono abituati. Li costringe a una presa di posizione e ad un'assimilazione di esperienze che essi tendono a evitare. Si sentiranno più a loro agio quando egli non sarà fra loro, ma allo stesso tempo proveranno nostalgia per le sue provocazioni: un dissidio di sensazioni più che legittimo. Ma come mai questo bambino presenta modalità totalmente deviami, pur crescendo nello stesso ambiente? Ebbene, c'è chi è più o meno facilmente educabile, ma il ritmo fondamentale di ciascun bambino è comunque un fatto individuale.
  •  
  • Non nasciamo con le stesse caratteristiche, e anche le modalità selettive con cui viene recepito l'ambiente sono diverse per ognuno. Due bambini della stessa famiglia possono evolvere in maniera molto diversa perché ognuno assimila l'ambiente in base alle proprie valutazioni. Uno dei due bambini rinuncia a un'esperienza intensa e piacevole e alla sua ripetizione perché teme lo sguardo punitivo del padre e ha un urgente bisogno della sua ricompensa e del suo riconoscimento: vuole essere un bambino buono. L'altro stima questo vissuto e l'esperienza che vi è connessa superiore alla punizione temuta. Il suo modo di valutare è diverso, e per questa esperienza più intensa è pronto ad affrontare l'opposizione della famiglia. In questa maniera afferma il suo ritmo originale contro il tentativo di allineamento da parte degli altri.Gli stessi metodi vengono applicati anche per il comportamento educativo pensato per la società. Si vogliono indurre le persone a vivere meno, ad accontentarsi di un piccolo vocabolario, a reagire in maniera funzionale, a reprimere le emozioni, a non scandagliare le proprie possibilità individuali. Ciò che si richiede in termini di valori positivi fondamentali sono un pensiero razionale e un agire funzionale.
  •  
  • L'emotività è sospetta, viene considerata una debolezza e desta paura. Ma possiamo vivere privi di emozioni? Al contrario. Le emozioni costituiscono le nostre motivazioni più profonde e il nostro mezzo di intesa più trasparente. Se qualcuno mi racconta o mi esprime le sue emozioni, posso comprenderlo meglio, ed egli si sentirà capito da me nel proprio valore. Un esempio. Una discussione di lavoro si sta trascinando a fatica e senza risultato: in realtà tutti i partecipanti sono dei frustrati.  Quand'ecco che un collaboratore esordisce con un commento spontaneo e se ne viene fuori con una proposta risolutiva sorprendentemente semplice. Ma nessuno è disposto ad accettarla, in quanto pare troppo dettata dall'emotività, e quindi inopportuna. Risultato: un'opportunità bruciata e un collaboratore messo in fuga. Quando poi il capo lo congederà affidandogli un incarico, gli si ergeranno davanti ostacoli insormontabili, si sentirà sovraffaticato e assolutamente inadeguato. Quale altra piega avrebbe potuto prendere la stessa situazione, se questa reazione fosse stata accettata!
  •  
  • Quanto avrebbe potuto essere motivato il collaboratore che ha cercato una via d'uscita se si fosse presa in considerazione la sua osservazione, se la si fosse verificata fino in fondo e così facendo si fosse lasciato intendere: «Ti ho capito, cerchi una soluzione come tutti noi, proviamo dunque questa strada!» Di fronte a questa reazione positiva anche gli altri partecipanti sarebbero stati incoraggiati a fare appello alle loro migliori risorse. L'emozione rappresenta una debolezza solo quando non la riconosciamo come tale. Se siamo consapevoli delle nostre emozioni, se le ammettiamo, riconoscendole per quelle che sono, e in questo veniamo accettati dagli altri, esse possono tradursi in una spinta e in uno strumento ai fini di una migliore comunicazione. Allora non avremo più paura di dire a qualcuno: ti trovo molto simpatico, ma alla tua proposta sono costretto a dire di no, perché non porta alcun vantaggio. E l'altro non ne sarà offeso e comprenderà che in un'altra occasione potremo benissimo raggiungere un punto d'incontro. Ma se, reprimendo o aggirando le nostre emozioni, per convenzione diciamo no e, con sollievo, chiudiamo la porta, l'altro tornerà? Non dovremmo solo limitarci a convivere con le nostre emozioni, dovremmo anche manifestarle e imparare a rapportarci a esse apertamente. Possiamo abbandonarci alle nostre emozioni, con una conseguente mancanza di controllo; possiamo reprimerle, rischiando che alla fine esplodano con violenza ancora più incontrollata. Entrambi i casi ricorrono abbastanza di frequente. Ma se saremo capaci di percepire con consapevolezza le nostre emozioni, di accettare quelle degli altri, e di riconoscerle gli uni con gli altri, troveremo un migliore equilibrio e una migliore armonia.
     
     
    Â