Stimoli nell'Infanzia

   GLI STIMOLI CORPOREI NELL'INFANZIA  

Embukai "Scuola di Aikido Lauria" Giugno  2009 Ukemi Sonia Tripano

Quando hanno inizio le nostre percezioni? Al momento della nascita?

Oggi sappiamo che ciò avviene prima, già nel grembo materno. La creatura che cresce nella placenta, in realtà, incontra problemi che costituiscono uno stimolo per i suoi sensi. Il nutrimento gli perviene ininterrottamente attraverso un condotto diretto, il cordone ombelicale; la pelle è piacevolmente avvolta dal liquido amniotico, gli occhi non ricevono stimoli luminosi. Eppure uno stimolo penetra dall'esterno e giunge fino a lui: il battito cardiaco della madre. È il suo primo punto di orientamento ed è già un segno di riconoscimento che forgia il suo comportamento.
A neonati che strillavano e piangevano è stato fatto sentire attraverso un altoparlante il battito cardiaco della madre.

E stato interessante rilevare le loro varie reazioni. Quei lattanti che a
avevano problemi dovuti alla perdita di orientamento ed erano bisognosi di dedizione, di tenerezza e di amore, a questo segnale si sono calmati. Bambini che invece presentavano bisogni fisici inappagati, avevano fame, erano bagnati o avevano un qualche malessere hanno, viceversa, continuato a strillare. Al riguardo, si pone immediatamente spontanea la domanda: i bambini sono attaccati al battito cardiaco della propria madre oppure reagiscono semplicemente al ritmo di qualunque cuore? Un effetto tranquillizzante lo si ottiene già dal rumore del battito del cuore, ma ancora più convincente è l'effetto diretto prodotto dal battito cardiaco della propria madre.

Ciò dimostra come già durante il nostro primissimo stadio di sviluppo non abbiamo un concetto generico di noi, bensì una spiccata individualità. Ogni madre ha un diverso battito cardiaco, e il bambino vi si orienta. Nelle prime fasi, per lo meno, questo ritmo significa anche legame, intesa fra madre e figlio: il neonato lo recepisce come un segno di riconoscimento. Questa prima impronta mostra di continuare a esercitare effetti anche molto più tardi. Con una determinata persona ci sentiamo a nostro agio, in armonia, con un'altra a disagio. L'una ci è familiare in base al ritmo che esprime, l'altra estranea, diversa. Vorrei fare un ulteriore esempio: per la stragrande maggioranza delle persone una sedia a dondolo possiede una magica forza di attrazione. Collocatene una nella stanza, e vedrete che quasi ogni ospite prima o poi si dirigerà verso di essa, vi si siederà sopra e comincerà a cullarsi dolcemente. E se osservate molto attentamente, riconoscerete che ognuno cerca di individuare il proprio confortevole ritmo.

Osservatevi mentre per esempio eseguite le oscillazioni dell’Ushiro Ukemi, semplicemente cambiando il piede, cercate di sentire il vostro ritmo respiratorio, o il ritmo del gesto motorio. Durante le lezioni o meglio ancora durante i seminari che io svolgo in giro, è un elemento in cui pongo una notevole attenzione.

Vi è anche mai accaduto di riflettere sul fatto che in questo movimento potrebbe rintracciarsi un senso di orientamento più profondo?
Durante la gravidanza le donne acquisiscono un'andatura che al crescere della circonferenza del corpo tende a divenire regolare. A questo ritmo o il feto dondola nel liquido amniotico, vi si abitua e richiede questo movimento familiare regolare anche dopo la nascita. La madre va incontro a questa richiesta.

Quasi sempre tiene il bambino sul braccio sinistro, con la testa vicina al cuore e lo dondola in silenzio. La nonna farà altrettanto, lo accoglierà, lo cullerà e lo tranquillizzerà, e la baby sitter, nella stanza accanto, saprà con altrettanta sicurezza che potrà far addormentare il bimbo che le è stato affidato con i movimenti placidi, uniformi, della culla. Si tratta sempre dello stesso ritmo di fondo insito nel camminare ma, come i passi delle madri si distinguono gli uni dagli altri, così anche per quanto riguarda il neonato le situazioni variano. Ce ne rendiamo già conto quando abbiamo trovato il ritmo giusto, perché allora il pianto si placa, il respiro diviene regolare, le palpebre si abbassano. Vi è un'immediata correlazione fra il ritmo del dondolio e quello del respiro.

Le persone anziane approfittano volentieri, di sicuro in maniera inconscia, dell'effetto stimolante della sedia a dondolo. Nell'appoggiarsi allo schienale, infatti, il corpo si apre e il diaframma si dilata, si prende aria; e nella spinta in avanti, di nuovo si getta fuori l'aria con il leggero afflosciarsi della parte superiore del corpo. I ritmi tranquillizzanti del cuore e dell'andatura costituiscono uno stimolo continuo per il bambino che si trova nel grembo materno.

Cosi allo stesso modo il dondolarsi durante l’oscillazione dell’ Ushiro Ukemi pacifica il nostro stato psico emotivo rilassando la mente prima e il corpo poi, avviandoci ad una pratica tranquilla rilassata e disinvolta. 


Con la nascita, una gran massa di impressioni investe i suoi sensi non allenati: luce, rumore, secchezza della pelle, fame. Lo stomaco si contrae, i succhi gastrici cominciano a lavorare. A questa marea di stimolazioni il corpo reagisce confuso, l'incipiente respirazione stenta, e in un moto di difesa che si scarica nel pianto, il corpo tende a procurarsi un senso di liberazione.
Una teoria della scienza del comportamento sostiene che lo strillo del bambino costringa la madre ad accorrere in quanto susciterebbe anche l'attenzione di possibili nemici. Ma in un primo momento è sicuramente una semplice reazione del corpo, solo successivamente diventa un segnale.

La madre, infatti, risponde portando il bambino al seno e sedandone il bisogno di calore e il senso di fame (succhiare, così come il movimento della mano che afferra e si chiude, è un riflesso innato). Strillare diventa un segnale, perché il bambino fa esperienza del fatto che la mamma accorre sistematicamente. Se ciò non avviene, se la madre reagisce senza una logica e in maniera non sistematica, altera questo circuito di regolazione: il normale vagito della fame si tramuta in uno strillo agitato di paura, in un'espressione di perdita d'orientamento e di panico. Questo contesto di aspettative rende evidente quanto sia importante che fra lo strillo del bambino e la risposta della madre si stabilisca una distanza di tempo precisa. Il bambino deve potervi fare affidamento, altrimenti le conseguenze saranno una continua insicurezza e un continuo stato di turbamento.

Le prime esperienze lasciano un'impronta. Le emozioni vengono espresse attraverso movimenti spontanei del corpo.  Distinguiamo, al riguardo, fra  movimenti emozionali spontanei e movimenti mirati all'azione riferiti agli oggetti. Quando il bambino allunga la mano per afferrare la fiamma della candela che guizza davanti a lui piena di fascino, questo è un movimento mirato all'azione. Quando con un grido ritrae la mano, storce il viso e si mette a piangere, questi sono movimenti emozionali. Essi hanno un duplice effetto: per un verso, il corpo viene condizionato ad acquisire determinate reazioni, per un altro, fungono da segnale di comunicazione. Nell'uomo l'istinto di succhiare è innato.

 La creatura appena nata percepisce se stessa e l'ambiente circostante dapprima in maniera molto elementare e limitata. Le informazioni che le affluiscono attraverso i sensi non si traducono in reazioni, poiché non ha ancora sotto controllo i muscoli del corpo. Queste reazioni, però, provocano già un movimento intenzionale, riconoscibile dal cambiamento della tensione corporea, del cosiddetto tono muscolare: Questo stato esperienziale viene avvertito come piacevole ,o spiacevole a seconda dell'intensità dello stimolo e, come tale, registrato nel cervello. Così ha inizio il processo d'apprendimento. I valori esperienziali vengono organizzati, coordinati e smistati ai depositi dell'informazione del sistema innato. Attraverso la ripetizione di eventi e impressioni, a poco a poco cresce la capacità percettiva e discriminante; il bambino impara a mettersi in contatto con le funzioni e le azioni del suo corpo. Un bimbo appena nato non è ancora in grado di mostrare delle reazioni psichiche: questa capacità è frutto di una successiva acquisizione. Le reazioni psichiche, infatti, sono precedute da vissuti ed esperienze ripetuti, da impronte, associazioni, rimozioni, immagini di desiderio su cui poi si formano le relative risposte della nostra mimica e della nostra gestualità.

Il bambino, però, deve sviluppare l'organizzazione di tali impressioni e immagini innanzi tutto a livello centrale, nel cervello, e poi imparare a dirigerle consciamente o inconsciamente. Soltanto allora si può parlare di reazioni psichiche, di un sorriso che abbia significato o di una ritrosia che sia il risultato di un'intenzione. Al contrario, due ordini di modalità infantili di comportamento ci accompagneranno tutta la vita in quanto forme espressive di un determinato stato psichico. Un bimbo appena nato il dito che la bambina mette in bocca soddisfa un suo bisogno di godimento. succhia, mette in bocca, schiocca le labbra, lecca gli ultimi rimasugli di cibo. Tutto questo è meraviglioso. Questi gesti di godimento nella zona della bocca affiorano ogni volta che qualcosa ci procura grande piacere, quando una cosa ci piace. E quando un neonato ha goduto, spinge fuori con la lingua il seno che lo nutre, la tettarella della bottiglia o il leccalecca. Anche questo gesto difensivo si manterrà e ritornerà come movimento secondario in situazioni di conflitto o di confronto. Succhiare dà godimento. Ciò che ci piace lo mettiamo in bocca.